Nella notte tra sabato e domenica, un episodio di inaudita violenza ha scosso il carcere di Cuneo, riportando alla luce le crescenti tensioni e le fragilità strutturali che affliggono il sistema penitenziario italiano.
Un agente di polizia penitenziaria, durante il turno di guardia, è stato brutalmente aggredito da un detenuto, che lo ha colpito con un pugno inferto attraverso lo spioncino della cella.
L’agente, immediatamente soccorso, è stato trasportato al pronto soccorso cittadino, dove ha ricevuto le cure necessarie.
La prognosi, fortunatamente, è di cinque giorni per guarigione.
L’episodio, prontamente segnalato dal sindacato di polizia penitenziaria Osapp, si inserisce in un quadro allarmante di escalation della violenza all’interno delle strutture detentive.
Secondo la ricostruzione dei fatti, l’aggressione sarebbe stata preceduta da una richiesta insistente e pretestuosa da parte del detenuto e del suo compagno di cella, i quali pretendevano l’immediata sostituzione di un cavo per la televisione.
La risposta dell’agente, volto a rimandare la questione alla mattina successiva, ha innescato l’atto violento.
Questo singolo evento, pur nella sua tragicità, è emblematicamente connesso a un problema più ampio: la crescente difficoltà con cui la polizia penitenziaria opera quotidianamente.
Leo Beneduci, segretario generale dell’Osapp, ha espresso profonda preoccupazione, sottolineando come il personale sia costretto a confrontarsi con una popolazione detenuta caratterizzata da un livello di aggressività sempre più elevato, aggravata da una drammatica carenza di risorse umane.
La carenza di personale non si traduce solamente in un aumento del rischio per gli agenti, ma incide negativamente sull’intero sistema penitenziario.
Rischia di compromettere la possibilità di garantire programmi di riabilitazione efficaci, di monitorare adeguatamente i detenuti e di mantenere un ambiente sicuro e controllato all’interno delle carceri.
L’episodio di Cuneo deve rappresentare un campanello d’allarme urgente.
È necessario un intervento strutturale e mirato che comprenda un aumento significativo del personale, una revisione delle politiche di gestione delle carceri, un potenziamento della formazione degli agenti e un’attenzione particolare alla prevenzione della violenza e alla promozione della riabilitazione.
Solo attraverso un impegno concreto e coordinato sarà possibile restituire dignità e sicurezza sia al personale penitenziario che ai detenuti, e garantire il corretto funzionamento del sistema giustizia.
L’attuale situazione, se non affrontata con determinazione, rischia di compromettere irreparabilmente il tessuto sociale e la sicurezza pubblica.







