La recente divulgazione mediatica di elementi processuali privi di rilevanza giuridica solleva interrogativi profondi sulla responsabilità dei media e sull’etica dell’informazione.
L’episodio, relativo alla pubblicazione da parte del *Fatto Quotidiano* di una bozza notarile risalente al 2000, in cui Gianni Agnelli manifestava la volontà di trasferire una quota del 25% della Dicembre srl al figlio Edoardo, testimonia un pericoloso fenomeno di spettacolarizzazione della giustizia.
La divulgazione, che si inserisce nel contesto della disputa legale tra Margherita Agnelli e i suoi figli, John, Lapo e Ginevra, non solo compromette l’integrità del procedimento giudiziario, ma offusca anche la complessità delle dinamiche familiari e testamentarie in gioco.
L’atto stesso di estrarre e diffondere un singolo frammento documentale, decontestualizzato e privo del peso probatorio riconosciuto in sede giudiziaria, suggerisce un’intenzione deliberata di manipolazione dell’opinione pubblica.
Gli avvocati dei fratelli Elkann, con la loro nota, esprimono la ferma convinzione che la verità debba emergere all’interno delle aule di giustizia, non attraverso la narrazione sensazionalistica dei media.
Questa posizione non è semplicemente una difesa formale; riflette una preoccupazione per il rispetto delle istituzioni democratiche e per la protezione della reputazione di chi è coinvolto nella vicenda.
La denuncia degli avvocati sottolinea, inoltre, un’omissione significativa: la selettività della divulgazione mediatica.
Si accenna all’esistenza di altri documenti, non resi pubblici, che dimostrerebbero il pieno adempimento delle volontà testamentarie di Gianni e Marella Agnelli, volontà di cui Margherita Agnelli era pienamente consapevole.
Questa rivelazione suggerisce che la narrazione presentata dal *Fatto Quotidiano* sia parziale e potenzialmente distorcente, finalizzata a creare un’immagine alterata della situazione patrimoniale e delle relazioni familiari.
L’azione degli avvocati, che si riservano ogni azione legale a tutela dei loro assistiti e della memoria dei nonni, Gianni e Marella Agnelli, va interpretata come un monito contro l’abuso del diritto di cronaca e un’affermazione del primato della giustizia formale sulla spettacolarizzazione mediatica.
Il caso solleva interrogativi cruciali sull’equilibrio tra libertà di stampa e responsabilità sociale, e sulla necessità di garantire che il diritto all’informazione non si traduca in una violazione del diritto alla riservatezza e alla difesa.
La vicenda, al di là delle implicazioni giuridiche specifiche, rappresenta un campanello d’allarme per la salvaguardia dell’integrità del processo decisionale e della percezione pubblica della giustizia.






