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domenica 26 Ottobre 2025

Alessandria e Novi Ligure: mobilitazione per la Palestina

In un contesto globale segnato da un’apparente, e per molti controversa, apertura a un possibile accordo tra Israele e Palestina, la città di Alessandria, e con essa una rete di comunità sparse sul territorio italiano, mantiene alta l’attenzione e la mobilitazione.
Il coordinamento regionale per la Palestina ha recentemente promosso un presidio a Piazza Garibaldi, un segnale di persistente preoccupazione di fronte a dinamiche che non offrono un quadro di reale cessazione delle ostilità.
La situazione umanitaria a Gaza, in Libano e in Cisgiordania rimane drammatica, caratterizzata da perdite di vite innocenti che, a detta di testimoni come Antonio Olivieri, continuano ad accumularsi.
I diciannove decessi recentemente verificatisi nella Striscia di Gaza rappresentano solo una tragica fotografia di una realtà in continuo aggiornamento.
La critica si estende alla responsabilità dei governi occidentali, accusati di complicità attraverso il sostegno politico ed economico che ne alimenta il conflitto.

Il sentimento diffuso tra i manifestanti non si limita alla semplice protesta, ma si radica in un impegno concreto verso la giustizia e la liberazione palestinese.
La lotta, intesa come un percorso di advocacy e pressione diplomatica, non è considerata conclusa, bensì si ripropone con rinnovato vigore.
Si rivendica un approccio che vada al di là di una mera tregua, aspirando a una pace fondata su principi di equità, autodeterminazione e rispetto dei diritti umani.
Parallelamente, a Novi Ligure, il Comitato Novi per Gaza ha mantenuto viva l’attenzione attraverso iniziative mirate a sensibilizzare l’opinione pubblica.

Dorina Izzi sottolinea l’importanza di “accendere lumi” per contrastare il rischio di un oblio che, seppur apparente, potrebbe favorire la prosecuzione delle azioni belliche.
Un elemento cruciale di questa mobilitazione è la profonda sfiducia nei confronti delle promesse e delle intenzioni del governo israeliano.

L’ipotesi di un ritorno dei profughi nelle loro case, sebbene devastate, alimenta timori concreti di una mera operazione di facciata, volta a legittimare una ripresa delle offensive militari.
La rottura della tregua del febbraio 2024, opera di Netanyahu, è costantemente citata come prova tangibile della fragilità e dell’ingannevolezza dei processi di pace.

La necessità di garanzie internazionali robuste e verificabili è pertanto considerata imprescindibile per qualsiasi tentativo di risoluzione del conflitto.

La prospettiva di una soluzione duratura e giusta rimane saldamente ancorata alla consapevolezza che la pace non può essere imposta, ma deve essere costruita attraverso il dialogo, la riconciliazione e il riconoscimento reciproco.

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