Asaad, otto anni, un nome che incarna la fragilità dell’infanzia in un contesto di conflitto. L’esplosione che ha squarciato la sua vita a Gaza, ha strappato via la madre e la sorellina, lasciandolo con ferite profonde, sia fisiche che emotive. La gamba amputata, le ustioni che segnano il suo corpo sono testimonianza diretta di un dolore incommensurabile, ma la lesione oculare, inizialmente compromettente la vista, rappresentava una sfida ulteriore.Il viaggio, arduo e velato di incertezza, lo ha portato a Torino, accolto dall’équipe dell’Oculistica Universitaria della Città della Salute e della Scienza. L’intervento, eseguito con urgenza dal Professor Michele Reibaldi, direttore di quella stessa struttura, si è rivelato cruciale. La sua competenza e l’utilizzo di tecniche chirurgiche avanzate hanno permesso di preservare l’occhio destro, restituendo ad Asaad la capacità di vedere. Questa non è solo una storia di successo medico, ma un atto di umanità che trascende i confini geografici e politici. Il gesto di accoglienza e cura, offerto da professionisti sanitari italiani, simboleggia la possibilità di ricostruzione e speranza, anche di fronte alle devastazioni della guerra. La medicina, in questo contesto, non è solo un intervento fisico, ma un ponte verso un futuro più sereno.Il sorriso di Asaad, dopo la rimozione della benda, descritto dal Professor Reibaldi come un’esplosione di gioia, è un potente monito: un’immagine che parla di resilienza infantile, di forza interiore e della capacità di ritrovare la luce, anche nelle tenebre più profonde. È un simbolo di speranza non solo per Asaad, ma per tutti coloro che soffrono a causa del conflitto, un promemoria della nostra comune umanità e della necessità di lavorare per un mondo in cui i sorrisi dei bambini non siano oscurati dalla paura e dalla distruzione. La sua storia sollecita una riflessione più ampia sulla responsabilità globale di proteggere i più vulnerabili e di promuovere la pace.