martedì 7 Ottobre 2025
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Biella, ergastolo per l’omicidio Santus: verità tra violenza e occultamento.

Nel luglio 2023, Biella è stata teatro di un tragico evento che ha portato alla perdita della vita di Giovanni Santus, un uomo senza fissa dimora.
Il caso, che ha scosso la comunità e sollevato interrogativi profondi sulla responsabilità collettiva e sulla vulnerabilità dei soggetti marginalizzati, si è concluso con la sentenza della Corte d’Assise di Novara, che ha condannato all’ergastolo Andrea Basso e Lionel Ascoli per l’omicidio.

Silvio Iarussi e Luciana Mula sono stati invece giudicati responsabili di omissione di soccorso e vilipendio di cadavere, ricevendo rispettivamente una pena di due anni e sei mesi e due anni e due mesi di reclusione.

La vicenda, inizialmente avvolta in una narrazione artificiosa, si è rivelata attraverso un’indagine accurata e un’autopsia disposta dalla Procura.

La versione fornita dagli imputati, che sostenevano di aver trovato Santus ustionato in seguito a un incidente durante una doccia, è stata smentita dalle evidenze scientifiche.
L’esame post-mortem ha infatti fatto luce su un evento traumatico, caratterizzato da lesioni gravissime, tra cui la frattura della cassa toracica e la lacerazione di fegato e tiroide, incompatibili con la versione dell’incidente.

La ricostruzione dell’accusa, corroborata da elementi probatori, ha delineato un quadro ben diverso.
Sembra che, durante un conviviale, Santus avesse consumato una bottiglia di gin senza condividerla con gli altri commensali.

Questo gesto apparentemente banale avrebbe innescato una dinamica di violenza inaudita, culminata in un’aggressione brutale perpetrata da Basso e Ascoli.
I due, in stato di alterazione psico-fisica a causa dell’abuso di eroina e rivotril, hanno colpito ripetutamente la vittima con percosse violente, tra cui pugni, calci e ripetuti salti sul torace, provocandone il decesso.

Il ruolo di Iarussi, il proprietario dell’alloggio, e di Mula si è rivelato altrettanto grave.
Pur essendo presenti durante l’aggressione e successivamente durante la manipolazione del cadavere, non hanno prestato soccorso né hanno tentato di fermare gli aggressori.

Al contrario, hanno partecipato attivamente all’occultamento del crimine, perpetrando gesti macabri come la cremazione parziale del corpo al fine di distruggere le tracce delle lesioni mortali.

La scena è stata poi ripulita con cura, eliminando vestiti insanguinati e concordando una falsa narrazione da presentare al personale del 118, arrivato sul posto, simulando persino un massaggio cardiaco al cadavere per corroborare la menzogna del tragico incidente.
Il caso solleva complesse riflessioni sulla marginalizzazione sociale, la fragilità dei soggetti più vulnerabili e la responsabilità individuale e collettiva nel prevenire e contrastare la violenza.

L’omessa assistenza, la partecipazione all’occultamento del crimine e la simulazione di soccorso contribuiscono a configurare un quadro di profonda disumanità e di una violazione inaccettabile dei principi fondamentali del diritto e della convivenza civile.

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