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martedì 11 Novembre 2025

Biodiversità di lusso: il paradosso urbano e le disuguaglianze.

L’osservazione di un’anomalia affascinante e complessa sta emergendo nelle aree urbane globali: la concentrazione di biodiversità che si manifesta paradossalmente in prossimità di quartieri economicamente prosperi.

Questo fenomeno, definito “luxury effect”, non è un mero dato statistico, ma un’indicazione di profonde dinamiche socio-ecologiche che meritano un’analisi approfondita.
Uno studio recente, coordinato da ricercatori dell’Università di Torino e integrato nell’ambito del National Biodiversity Future Center (Nbcf), ha portato alla luce questa tendenza, analizzando un corpus di oltre cento studi condotti in più di cento città sparse per il mondo.

La scoperta sfida le aspettative convenzionali, suggerendo che la prosperità economica, anziché essere un ostacolo alla presenza di specie vegetali e animali, possa in realtà favorirla, almeno fino a un certo punto.

Questo non significa che la ricchezza sia di per sé un motore di biodiversità, bensì che le condizioni socio-economiche correlate alla prosperità – come maggiori investimenti in aree verdi, politiche di pianificazione urbana più attente all’ambiente, una maggiore consapevolezza ecologica tra i residenti e, talvolta, una minore pressione edilizia – possono creare ambienti più favorevoli alla vita selvatica.

L’analisi ha rivelato un andamento non lineare: il “luxury effect” si manifesta più intensamente nelle aree con un livello di ricchezza medio o al di sotto della media, suggerendo che la mera disponibilità di risorse finanziarie non è sufficiente.
Nei contesti di estrema povertà, la pressione per lo sfruttamento del territorio e la mancanza di infrastrutture verdi tendono a erodere la biodiversità.

Al contrario, nelle aree estremamente ricche, l’intensificazione dello sviluppo e la ricerca del lusso possono generare nuove forme di degrado ambientale, se non accompagnate da una gestione sostenibile.
La distribuzione iniqua della biodiversità urbana rappresenta una questione cruciale.

Irene Regaiolo, prima autrice dello studio e ricercatrice presso l’Università di Torino e il Nbcf, sottolinea che questo fenomeno non è semplicemente una curiosità scientifica, ma un indicatore di disuguaglianze sociali e ambientali.

La mancanza di accesso alla natura per le popolazioni meno abbienti non solo limita il loro benessere fisico e psicologico, ma aggrava anche le vulnerabilità di fronte ai cambiamenti climatici e ad altri rischi ambientali.
Comprendere le cause profonde del “luxury effect” è fondamentale per sviluppare strategie di conservazione urbana più efficaci ed equamente distribuite.

Questo implica la necessità di ripensare i modelli di sviluppo urbano, promuovendo politiche di pianificazione integrata che tengano conto non solo degli aspetti economici, ma anche di quelli sociali e ambientali.
La creazione di spazi verdi accessibili a tutti, la promozione di pratiche di agricoltura urbana sostenibile e l’educazione ambientale sono elementi chiave per mitigare le disuguaglianze e garantire che i benefici della biodiversità siano condivisi da tutti i cittadini.
Inoltre, è essenziale incentivare la partecipazione attiva delle comunità locali nella gestione e nella valorizzazione del patrimonio naturale urbano, riconoscendo il ruolo cruciale delle conoscenze tradizionali e delle esperienze dirette.

La sfida è trasformare il “luxury effect” da una disuguaglianza a un’opportunità, creando città più resilienti, inclusive e biologicamente ricche.

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