Un corteo di voci e simboli di speranza ha animato via Cavour a Bra, in provincia di Cuneo, in un sentito atto di vicinanza agli attivisti della Global Sumud Flotilla e, in particolare, ad Abderrahmane Amajou, figura di spicco del panorama sociale locale.
Il quarantenne, attuale presidente di ActionAid e precedentemente impegnato in politica come consigliere comunale per il Partito Democratico, si trova attualmente tra i 15 cittadini italiani ancora detenuti nelle carceri israeliane, in seguito alla partecipazione alla missione umanitaria.
La sua scelta, quella di rifiutare la procedura di espulsione volontaria – che implicherebbe l’ammissione di ingresso illegale nel territorio israeliano – lo condanna, unitamente ai compagni di sventura, a rimanere nel centro di detenzione di Ketziot, in attesa di una decisione giudiziaria che determini il loro futuro.
Questo rifiuto rappresenta un atto di resistenza e una ferma affermazione dei propri ideali, testimoniando una volontà di non cedere al silenzio e alla sottomissione.
Il presidio, organizzato dalla Rete cuneese per la Palestina, ha visto la partecipazione di un ampio spettro di rappresentanti della società civile: attivisti impegnati nella promozione dei diritti umani, studenti universitari sensibili alle tematiche geopolitiche, e figure istituzionali come il presidente della consulta giovanile braidese, a dimostrazione del diffuso sostegno alla causa palestinese all’interno della comunità.
La presenza del fratello di Amajou ha reso l’atmosfera ancora più toccante, un legame visibile e commovente che ha rafforzato il senso di solidarietà e la determinazione a non abbandonare Abderrahmane e i suoi compagni.
L’evento non si è limitato a una mera dimostrazione di sostegno, ma ha rappresentato un momento di riflessione e sensibilizzazione sull’intera questione palestinese, sulle violazioni dei diritti umani che vi sono associate, e sulla necessità di promuovere un dialogo costruttivo per una soluzione pacifica e duratura.
Il corteo ha quindi incarnato un messaggio di speranza e di impegno civile, un invito alla comunità internazionale a non dimenticare la sofferenza del popolo palestinese e a lavorare per un futuro di giustizia e dignità per tutti.
La vicenda di Abderrahmane Amajou, e di tutti gli attivisti coinvolti, solleva interrogativi profondi sulla libertà di movimento, il diritto all’azione umanitaria e il ruolo dell’individuo di fronte alle ingiustizie globali, diventando un simbolo potente della lotta per un mondo più equo e solidale.