La tradizionale “Businà” di Natale alessandrina, un appuntamento secolare che quest’anno celebra la sua 101ª edizione al Teatro San Francesco, ha offerto un affresco satirico pungente e acuto dell’anno che volge al termine.
Gelindo, il pastore monferrino, figura leggendaria che, secondo la tradizione, fu tra i primi ad accostarsi alla culla di Betlemme, ha nuovamente incarnato la voce popolare, offrendo una lettura personale e dissacrante degli eventi politici e sociali che hanno segnato il nostro Paese.
L’esordio è stato un affondo diretto verso la classe dirigente romana, accusata di una perpetua litigiosità e distratta dalle reali esigenze del popolo.
La Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, è stata descritta come apparentemente imperturbabile, forse grazie alla competenza dei suoi ministri, mentre l’immagine di Matteo Salvini è stata caricaturizzata attraverso la promessa, poi disattesa, di abolire la Legge Fornero, evidenziando l’incoerenza e la distanza tra proclami e azioni concrete.
Antonio Tajani, invece, è stato ritratto come un uomo in perenne movimento, un gesto interpretato come una preparazione, ironicamente, alle Olimpiadi.
La sua approvazione per il Ponte sullo Stretto, motivata dalla difesa del territorio da attacchi provenienti da sud, ha suscitato un’ulteriore ondata di risate, con un riferimento esplicito ai Cartaginesi, sottolineando l’assurdità di una difesa anacronistica.
L’analisi del fronte opposto non è stata meno impietosa.
Giuseppe Conte è stato dipinto come un uomo ossessionato dal calcolo dei suoi sostenitori, mentre Matteo Renzi, fedele al suo spirito, continua a coltivare la chimera della “Leopolda”.
L’aspirazione di Nicola Fratoianni, Angelo Bonelli e Benedetto Magi a formare un “campo largo” è stata descritta come un’iniziativa segnata da fragilità intrinseche, un’entità che, pur proclamandosi ampia, tende a restringersi ad ogni tentativo di quantificazione e confronto, rischiando di ridursi a un’inerme aiuola.
La “Businà” non si limita a una mera elencazione di caricature politiche, ma si configura come una riflessione più ampia sul rapporto tra potere, promesse e realtà.
L’ironia corrosiva di Gelindo, magistralmente interpretato, svela le contraddizioni e le incongruenze che spesso caratterizzano la vita politica, invitando il pubblico a una riflessione critica e consapevole.
L’appuntamento con la tradizione continua, con nuove rappresentazioni previste nei giorni successivi, per continuare a illuminare, con la luce dell’umorismo, il panorama italiano.






