L’indagine in corso dalla Procura di Torino sulla clinica Fornaca solleva interrogativi complessi e potenzialmente rilevanti per la gestione delle risorse sanitarie e l’integrità del sistema intramoenia.
Al centro dell’attenzione vi è il presunto intreccio tra la Città della Salute di Torino e la struttura privata collegata al gruppo Humanitas, un rapporto che, secondo le prime acquisizioni investigative, potrebbe aver distorto le dinamiche economiche delle prestazioni erogate in regime di intramoenia.
Le accuse mosse ai medici coinvolti e alla clinica Fornaca ruotano attorno a presunte pratiche di gonfiamento dei costi e di manipolazione dei preventivi.
I pubblici ministeri Giulia Rizzo e Mario Bendoni stanno approfondendo le modalità con cui venivano determinati i compensi, ipotizzando una strategia volta a raggiungere i massimali stabiliti dai tariffari assicurativi.
Questa operatività, se confermata, avrebbe escluso il coinvolgimento diretto della Città della Salute nella fase di negoziazione e definizione dei prezzi, configurando una potenziale elusione delle procedure amministrative previste.
L’indagine si concentra sull’ipotesi che la clinica Fornaca abbia agito come intermediario diretto tra i pazienti e i medici, aggirando i canali istituzionali della Città della Salute.
Un simile schema avrebbe consentito alla clinica di gestire autonomamente i flussi finanziari, potenzialmente a scapito del patrimonio pubblico.
Un elemento critico emerge dall’analisi dei meccanismi di ribasso imposti dalle compagnie assicurative: in questi casi, la riduzione economica avrebbe gravato esclusivamente sulla Città della Salute, privando i professionisti e la clinica stessa di una quota delle risorse.
Un aspetto particolarmente significativo è la presunta gestione diretta dei pagamenti ai medici, priva di tracciabilità e esente dall’applicazione della legge Balduzzi, che prevede una trattenuta del 5% a favore dell’ospedale di riferimento.
Questa omissione, già oggetto di un’indagine madre che ha portato a un processo nei confronti di sedici dirigenti sanitari, ha innescato una serie di sviluppi investigativi che hanno portato alla luce altri filoni di indagine.
L’inchiesta pone interrogativi fondamentali sulla trasparenza e la correttezza delle relazioni tra strutture pubbliche e private nel settore sanitario, evidenziando il rischio di conflitti di interesse e di pratiche che potrebbero compromettere l’equità nell’accesso alle cure e la corretta allocazione delle risorse pubbliche.
La vicenda solleva inoltre la necessità di rafforzare i controlli e la supervisione sulle attività intramoenia, al fine di garantire il rispetto delle normative vigenti e la tutela degli interessi collettivi.
La complessità del caso richiede un’analisi approfondita per determinare le responsabilità e le implicazioni per l’intero sistema sanitario piemontese.