venerdì, 4 Luglio 2025
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Cuneo, carcere di Cerialdo: confermato il rinvio a giudizio per abusi e torture.

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Il Tribunale di Cuneo, presieduto dal giudice Edmondo Pio, ha confermato il rinvio a giudizio di quattordici persone coinvolte in un’inchiesta che getta una luce inquietante sulle dinamiche interne al carcere di Cerialdo, avviata nel corso del 2023. L’indagine, scaturita da una complessa rete di denunce presentate da detenuti pakistani, svela presunte pratiche di violenza sistematica e abusi di potere, sollevando interrogativi profondi sul rispetto dei diritti umani all’interno del sistema penitenziario.Al centro dell’attenzione vi sono sei agenti di polizia penitenziaria, gravati dall’accusa, di eccezionale gravità, di tortura, un’imputazione che apre la strada a conseguenze legali e morali di vasta portata. L’ex comandante del carcere, Erminia Froio, è accusata di omissione di atti d’ufficio, un reato che evidenzia una presunta negligenza e un mancato intervento di fronte a situazioni di grave illegalità. A questa si affiancano accuse di lesioni personali e falsificazione di documenti a carico di altri indagati, tra cui un medico, sottolineando una possibile collusione tra personale sanitario e forze dell’ordine. Quattro degli imputati hanno optato per il rito abbreviato, una scelta strategica che potrebbe influenzare l’andamento del processo, fissato per il 28 gennaio 2026.La vicenda assume contorni ancora più drammatici se si considera il ruolo del Garante regionale dei detenuti, Bruno Mellano, che si è costituito parte civile, testimoniando l’interesse pubblico nella tutela dei diritti dei detenuti e la necessità di accertare le responsabilità.Un episodio particolarmente inquietante è la presunta “spedizione punitiva” avvenuta nella notte tra il 20 e il 21 giugno 2023. Secondo l’accusa, un gruppo di agenti, alcuni dei quali sembrerebbero essere poliziotti fuori servizio, avrebbe aggredito violentemente, con calci e pugni, i detenuti presenti nella cella 417 del padiglione Gesso. L’aggressione, si sostiene, sarebbe stata una risposta brutale a una protesta di cinque reclusi, manifestando una pratica di repressione sproporzionata e disumana.L’inchiesta non si limita a questo singolo episodio, ma ricostruisce un quadro più ampio di violenze e abusi verificatisi tra l’ottobre del 2021 e l’aprile del 2022. Questi eventi suggeriscono una cultura istituzionale problematica, in cui il ricorso alla forza e l’elusione delle procedure legali sarebbero stati normalizzati.La vicenda solleva interrogativi cruciali sulla supervisione del sistema penitenziario, sulla formazione del personale e sulla necessità di garantire un ambiente di detenzione rispettoso dei diritti fondamentali. Il processo si preannuncia come un momento cruciale per il sistema giudiziario e la società civile, con l’obiettivo di accertare le responsabilità e prevenire il ripetersi di tali episodi, contribuendo a ristabilire un clima di fiducia e legalità all’interno delle carceri.

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