La casa circondariale di Cuneo è al centro di una profonda crisi di sicurezza, manifestatasi in episodi di estrema gravità che sollevano interrogativi urgenti sulle condizioni di gestione dell’istituto e sulla sicurezza del personale penitenziario.
L’organizzazione sindacale Osapp ha denunciato un clima di crescente tensione, culminato in atti di vandalismo e violenza che hanno messo a dura prova la tenuta dell’ordine.
L’escalation iniziò con il devastante atto di un detenuto nella sezione Stura, dove infissi sono stati sradicati, vetri infranti e arredi distrutti.
Un gesto di rabbia e frustrazione che, più che un semplice atto di vandalismo, rivela un profondo disagio e, potenzialmente, una mancanza di risposte adeguate all’interno della struttura.
Subito dopo, la situazione si è aggravata ulteriormente con un’aggressione fisica nei confronti di un agente di polizia penitenziaria.
L’agente ha riportato una frattura scomposta alla mano, con una prognosi di trenta giorni, un infortunio che testimonia la vulnerabilità del personale di fronte a dinamiche violente e spesso imprevedibili.
La rapidità e l’efficacia dell’intervento dei colleghi hanno impedito che le conseguenze fossero ancora più gravi.
L’episodio più drammatico, e particolarmente emblematico della fragilità psicologica di alcuni detenuti, si è poi verificato con il tentativo di suicidio da parte dello stesso detenuto aggressore, sventato solo grazie alla prontezza e alla competenza del personale penitenziario.
Questo episodio, nel suo portato di tragicità, evidenzia la necessità di un’attenzione specifica e tempestiva nei confronti della salute mentale dei detenuti, spesso affetti da patologie preesistenti o aggravate dalle condizioni di detenzione.
La situazione di Cuneo non è un caso isolato, ma si inserisce in un quadro più ampio di criticità che affliggono il sistema penitenziario italiano.
La carenza di personale, la sovraffollamento, le inadeguatezze strutturali e la mancanza di risorse dedicate alla formazione e al supporto psicologico del personale, contribuiscono a creare un ambiente carico di tensione e vulnerabile a episodi di violenza.
Leo Beneduci, segretario generale dell’Osapp, ha sottolineato l’intollerabilità di una situazione che mette a rischio l’incolumità degli agenti e richiede un intervento immediato e strutturale da parte del Ministero della Giustizia e del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria.
Non si tratta più di affrontare emergenze con interventi tampone, ma di ripensare l’intero modello di gestione dell’esecuzione penale.
Le richieste sindacali si concentrano sull’immediato rinforzo del personale con unità aggiuntive, l’applicazione di sanzioni disciplinari esemplari per i responsabili degli atti di violenza, e l’elaborazione di un piano straordinario di sicurezza.
In un’ottica di massima deterrenza e di garanzia della sicurezza, non si esclude, in casi estremi, l’eventuale coinvolgimento di risorse esterne, come l’Esercito, come ulteriore misura di supporto e di controllo.
È fondamentale, tuttavia, comprendere che la sicurezza in carcere non può essere garantita unicamente con l’uso della forza.
Investire nella riabilitazione, nella formazione professionale e nel sostegno psicologico dei detenuti, promuovere il dialogo e la mediazione, rafforzare il ruolo dei servizi sociali e favorire il reinserimento nella società, sono elementi imprescindibili per un sistema penitenziario realmente efficace e orientato alla risocializzazione.
Solo un approccio integrato e multidisciplinare potrà restituire dignità e sicurezza al carcere e alla collettività.