Un’emergenza strutturale si manifesta con drammatica evidenza.
Le recenti tensioni nel carcere di Cuneo, culminate in un episodio di grave violenza e minacce di autolesionismo da parte di due detenuti nordafricani, non rappresentano un evento isolato, bensì l’esacerbazione di una crisi sistemica che affligge il sistema penitenziario italiano.
La dinamica – tentativi di appiccare un incendio e l’utilizzo di oggetti contundenti – ha richiesto un intervento prolungato, superiore alle due ore, da parte del personale di polizia penitenziaria, coadiuvato da un dispositivo antisommossa, per scongiurare ferimenti e ulteriori escalation.
Il segretario generale dell’Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria, Leo Beneduci, sottolinea come questa situazione sia il risultato di un progressivo e preoccupante abbandono dell’istituto, una trascuratezza che si estende a livello sia regionale che nazionale.
Il personale, sottoposto a un carico di lavoro insostenibile e privo di risorse adeguate – sia in termini di personale che di strumenti operativi – si trova ad affrontare una popolazione detenuta caratterizzata da una crescente complessità e problematicità.
Questo scenario non è una semplice questione di sicurezza immediata, ma riflette un fallimento più ampio nella gestione della pena e nella riabilitazione dei detenuti.
La sovrappopolazione carceraria, la carenza di programmi di formazione e di reinserimento sociale, la difficoltà di accesso a servizi sanitari e di supporto psicologico, tutto ciò contribuisce a creare un ambiente esplosivo, in cui la frustrazione e la disperazione si traducono in atti di violenza.
L’episodio di Cuneo deve fungere da campanello d’allarme, sollecitando un’azione urgente e coordinata da parte del Ministero della Giustizia e del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria.
Non si tratta di semplici interventi di emergenza, ma di una revisione profonda delle politiche penali e della gestione degli istituti di pena.
È necessario investire in personale qualificato, in formazione specifica per il corpo di polizia penitenziaria, in strutture adeguate e in programmi di riabilitazione efficaci.
È imperativo riconoscere e valorizzare il ruolo del personale di polizia penitenziaria, che con senso del dovere e spirito di servizio opera quotidianamente in condizioni estremamente difficili, spesso a rischio della propria incolumità.
Il loro sacrificio deve essere adeguatamente riconosciuto e premiato, e le loro richieste di sicurezza e di supporto devono essere ascoltate e soddisfatte.
La sicurezza all’interno degli istituti penali non è solo una questione di ordine pubblico, ma un diritto fondamentale dei detenuti, del personale penitenziario e dell’intera società.
Affrontare questa emergenza con determinazione e lungimiranza è un imperativo morale e una condizione imprescindibile per una giustizia equa e riabilitativa.
L’episodio di Cuneo non può rimanere senza conseguenze: è tempo di agire, prima che la situazione precipiti ulteriormente.