L’impatto dei disturbi alimentari materni sulla salute respiratoria dei figli rappresenta un’area di crescente preoccupazione, come evidenziato da una recente ricerca pubblicata su *Thorax*.
Lo studio, che ha analizzato i dati di 131.495 coppie madre-figlio provenienti da sette coorti europee e arricchito dai dati del progetto Ninfea – la più ampia coorte italiana online, gestita congiuntamente dall’Aou Città della Salute e della Scienza di Torino e dall’Università di Torino – rivela un’associazione significativa tra la storia di disturbi alimentari nelle madri e un aumentato rischio di problemi respiratori nei bambini.
L’analisi ha quantificato un incremento complessivo del 25% nel rischio di respiro sibilante in età prescolare, una manifestazione che, sebbene variabile tra le diverse coorti, suggerisce una vulnerabilità respiratoria precoce nei figli di madri con disturbi alimentari.
Ancora più consistente, con una coerenza maggiore tra le coorti, è l’associazione con un rischio aumentato del 26% di asma in età scolare.
Questo dato, particolarmente rilevante, sottolinea una potenziale predisposizione a malattie respiratorie croniche in seguito.
L’indagine ha esplorato le specificità delle diverse condizioni alimentari.
L’anoressia nervosa e la bulimia nervosa si sono mostrate correlate all’asma in età scolare, mentre il respiro sibilante in età prescolare è stato associato principalmente alla bulimia nervosa.
Queste differenze suggeriscono che diversi meccanismi fisiologici e metabolici potrebbero essere all’opera, influenzando lo sviluppo respiratorio in modi distinti a seconda del tipo di disturbo alimentare materno.
Un aspetto cruciale è che, pur analizzando diversi periodi di esposizione (prima, durante e dopo la gravidanza), lo studio non ha identificato una finestra temporale specifica di particolare vulnerabilità.
Questo implica che l’impatto dei disturbi alimentari materni potrebbe essere continuo e influenzato da una combinazione di fattori che operano in diverse fasi della vita materna e infantile.
L’esclusione di madri con depressione o ansia ha mostrato un’attenuazione lieve dei rischi, suggerendo che comorbidità psichiatriche potrebbero contribuire all’effetto complessivo, ma non lo annullano completamente.
I risultati di questa ricerca implicano un profondo ripensamento degli approcci assistenziali.
Non si tratta più di una questione di salute materna isolata, ma di una responsabilità estesa alla salute respiratoria dei figli.
L’assistenza dovrebbe estendersi ben oltre il periodo peripartum, includendo un supporto continuo e personalizzato per le donne che hanno o hanno avuto disturbi alimentari.
Questo approccio olistico deve integrare la gestione nutrizionale con un attento monitoraggio della salute psicologica, promuovendo un benessere materno globale che rifletta la complessità della condizione.
La sensibilizzazione di clinici e operatori sanitari è fondamentale per garantire un’assistenza integrata e proattiva, orientata a prevenire e mitigare i rischi respiratori nei bambini nati da madri con una storia di disturbi alimentari.






