Il bacino idrografico del rio Frejus, a Bardonecchia, si è nuovamente rivelato vulnerabile, manifestando una criticità che riemerge a distanza di poco più di un anno dalla devastante alluvione del 2023. L’esondazione, verificatasi nel cuore del centro urbano, ha reso impraticabile la viabilità, segnando un episodio che riaccende l’attenzione su una problematica strutturale e complessa.Lungi dall’essere un evento isolato, l’esondazione del Frejus si inserisce in un contesto di crescente preoccupazione legato all’intensificazione degli eventi meteorologici estremi e alla fragilità del territorio alpino. La regione, caratterizzata da una conformazione orografica complessa, con ripidi pendii e valli strette, amplifica gli effetti delle precipitazioni intense. La velocità con cui l’acqua convoglia in questi canali, unita alla ridotta capacità di deflusso, favorisce la formazione di fenomeni di esondazione.L’alluvione del 2023 aveva già messo in luce le debolezze infrastrutturali e le inadeguatezze nella gestione del rischio idrogeologico. Interventi di mitigazione erano stati programmati, ma la recente esondazione suggerisce che le soluzioni attuate si siano rivelate insufficienti a fronte dell’aumento della frequenza e dell’intensità delle precipitazioni.La dinamica dell’esondazione del Frejus non è solo una questione di gestione dell’acqua, ma riflette una più ampia sfida legata alla pianificazione territoriale e all’adattamento ai cambiamenti climatici. L’urbanizzazione eccessiva lungo le sponde dei corsi d’acqua, l’impermeabilizzazione del suolo e la riduzione delle aree verdi contribuiscono ad aumentare il deflusso superficiale e ad amplificare il rischio di inondazioni.Inoltre, è fondamentale considerare l’impatto dei cambiamenti climatici, che si manifestano con un aumento delle temperature, una variazione dei regimi pluviometrici e una maggiore frequenza di eventi meteorologici estremi. Lo scioglimento precoce dei nevai alpini, ad esempio, può portare a piene improvvise e inaspettate.La gestione del rischio idrogeologico richiede un approccio integrato e multidisciplinare, che coinvolga enti locali, esperti del settore, comunità scientifica e cittadini. È necessario investire in infrastrutture di monitoraggio e allerta precoce, migliorare la manutenzione dei corsi d’acqua, implementare sistemi di protezione dalle inondazioni e promuovere pratiche di pianificazione territoriale sostenibili.L’episodio del Frejus rappresenta un campanello d’allarme, un monito a rafforzare l’impegno nella prevenzione e nell’adattamento ai cambiamenti climatici, al fine di proteggere le comunità vulnerabili e preservare il territorio alpino. La ricostruzione non deve limitarsi alla riparazione dei danni materiali, ma deve essere un’opportunità per ripensare il rapporto tra l’uomo e l’ambiente, per costruire un futuro più resiliente e sostenibile.
Frejus, nuova esondazione: allarme alpino e fragilità del territorio
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