La recente vicenda che coinvolge il sindaco sospeso di Macugnaga, Alessandro Bonacci, e le accuse di depistaggio e frode processuale, ha gettato un’ombra di incertezza e un impatto economico tangibile sul cuore delle Alpi Pennine.
Il sequestro preventivo disposto dalla Guardia di Finanza del sentiero che conduce al Rifugio Zamboni-Zappa, un punto di riferimento essenziale per gli escursionisti che ambiscono a contemplare la maestosità della parete est del Monte Rosa e il suggestivo ghiacciaio del Belvedere, ha generato un brusco crollo nel flusso turistico e, di conseguenza, nel fatturato degli impianti di risalita.
La seggiovia Pecetto-Burky-Belvedere, che funge da accesso privilegiato al sentiero incriminato, sta subendo un tracollo delle vendite di biglietti senza precedenti.
Dove precedentemente si registravano, nei consueti sabati di agosto, oltre 800 ingressi, il numero attuale si è drasticamente ridotto, con una perdita che supera il 50% rispetto alle previsioni.
Le conseguenze economiche, puramente quantitative, riflettono un disagio più profondo, un senso di frustrazione e disorientamento che serpeggia tra i visitatori.
“C’è rabbia, c’è stupore,” commenta Filippo Besozzi, direttore di Macugnaga Trasporti Servizi, evidenziando la reazione dei turisti di fronte a una decisione amministrativa che ne limita l’accesso a un patrimonio naturale di inestimabile valore.
La chiusura del sentiero non è percepita come una semplice restrizione, ma come una negazione di un’esperienza formativa e di un diritto al paesaggio.
Per cercare di mitigare l’impatto negativo, la società gestore degli impianti di risalita sta attuando un’operazione di informazione rivolta agli escursionisti, proponendo un percorso alternativo per raggiungere il rifugio.
Tuttavia, questa soluzione di ripiego presenta significative difficoltà.
A differenza del sentiero sotto sequestro, caratterizzato da un percorso relativamente agevole e pianeggiante, l’itinerario alternativo richiede un tempo di percorrenza quasi triplicato, con un dislivello di circa 500 metri che lo rende nettamente più impegnativo.
La disparità tra le due opzioni è evidente, sollevando interrogativi sulla sostenibilità di questa soluzione tampone.
L’episodio sottolinea una questione cruciale: l’intrinseca fragilità dell’economia montana, fortemente dipendente dal turismo e dalla valorizzazione del patrimonio naturale.
La vicenda, al di là delle implicazioni legali che la riguardano, mette a fuoco la necessità di un approccio integrato che coniughi tutela del territorio, sviluppo economico e governance trasparente, per garantire la fruizione sostenibile di un ambiente alpino di straordinaria bellezza.
La speranza è che si trovi una soluzione tempestiva per il dissequestro, restituendo al territorio e ai visitatori la possibilità di godere appieno di un angolo di paradiso.