Le recenti scoperte archeologiche in Crimea stanno ridefinendo la nostra comprensione del pensiero e del comportamento dei Neandertaliani, sfidando l’idea consolidata di una capacità simbolica esclusiva dell’Homo sapiens.
Un innovativo studio, pubblicato su *Science Advances* e frutto di una collaborazione internazionale che ha superato le difficoltà imposte dal conflitto in Ucraina, rivela come popolazioni neandertaliane del periodo Micocene (circa 120.000-40.000 anni fa) manipolassero con maestria i pigmenti d’ocra, trasformandoli in strumenti per la comunicazione e l’espressione simbolica.
Il lavoro, guidato dall’archeologo Francesco d’Errico, analizza in dettaglio i resti di pigmenti rinvenuti in diversi siti archeologici della Crimea, identificando un processo articolato che va ben oltre la mera applicazione del colore per scopi utilitaristici, come la protezione della pelle o la decorazione di oggetti in cuoio.
Gli archeologi hanno rilevato prove evidenti di una selezione precisa delle fonti di ocra, basata sulle proprietà cromatiche desiderate.
Non si trattava quindi di un utilizzo casuale, ma di una ricerca deliberata di tonalità specifiche, suggerendo una consapevolezza estetica e una capacità di differenziazione dei colori.
L’analisi micromorfologica dei manufatti rivela inoltre che i Neandertaliani non solo estraevano l’ocra dalla roccia, ma la modellavano intenzionalmente, affinandone la forma per ottimizzare la sua applicazione.
La presenza di segni di riaffilatura e riutilizzo dei “pastelli” d’ocra indica una cura e un valore attribuiti a questi oggetti, suggerendo che facevano parte di un sistema comunicativo complesso.
Questa pratica di manutenzione e conservazione implica una trasmissione di conoscenze e competenze all’interno del gruppo, un elemento cruciale per lo sviluppo di una cultura simbolica.
Lo studio ha stabilito un collegamento diretto tra le fonti geologiche di questi pigmenti e i siti di ritrovamento, permettendo di ricostruire le rotte di approvvigionamento e le possibili dinamiche sociali legate all’accesso a queste risorse.
La collaborazione internazionale, che ha coinvolto istituzioni accademiche di Bordeaux, Ucraina, Bergen, Barcellona, Belgrado e Kiev, testimonia l’importanza della ricerca transnazionale per comprendere la preistoria europea.
Questi ritrovamenti non solo arricchiscono il quadro delle capacità cognitive dei Neandertaliani, ma sollevano interrogativi fondamentali sulla natura del simbolismo e sulla diversità delle traiettorie evolutive che hanno portato allo sviluppo della cultura umana.
La loro abilità nel manipolare e utilizzare il colore suggerisce un sistema di comunicazione più sofisticato di quanto si pensasse in precedenza, offrendo una prospettiva inedita sul ruolo del colore nella cognizione e nella socializzazione di un gruppo umano estinto da circa 40.000 anni.






