giovedì 24 Luglio 2025
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Operazione Djali: Sgominata Rete di Traffico Droga e Furto

L’operazione “Djali”, culminata nelle prime ore di questa mattina, sigla la conclusione di un’indagine complessa e articolata, condotta dai Carabinieri di Bra (Cuneo) a partire da ottobre dell’anno precedente.
L’attività investigativa ha portato all’arresto di undici individui di nazionalità albanese, accusati di una serie di reati gravissimi: traffico illecito di sostanze stupefacenti, produzione illecita e coltivazione di cannabis, e furto di energia elettrica, un’attività che sottrae risorse al sistema e contribuisce a finanziare le attività criminali.

Altri sette soggetti sono attualmente ricercati e sfuggono alle autorità, operando presumibilmente in diversi paesi.

Il sequestro di oltre una tonnellata di sostanze stupefacenti – tra cui cannabis già confezionata pronta per la distribuzione e un numero considerevole di piante di *Cannabis sativa* – rappresenta la dimensione più eclatante dell’operazione.

Il valore stimato sul mercato al dettaglio di questo ingente quantitativo di droga supera il milione e mezzo di euro, testimoniando l’enorme giro d’affari generato da questo traffico illegale.

A coronare le perquisizioni domiciliari, i militari hanno rinvenuto anche 800 grammi di cocaina e la considerevole somma di 15.
000 euro in contanti, indizi ulteriori che rafforzano il quadro di un’organizzazione radicata e ben strutturata.

L’indagine ha svelato la presenza di tre distinti nuclei criminali operanti in sinergia, sebbene specializzati in attività diverse.
Due di questi gruppi erano dedicati al dettaglio della cocaina, con particolare attenzione alla zona del Braidese.
La tecnica impiegata, definita appunto “djali” – termine albanese che identifica un giovane ragazzo – si fondava sull’inserimento di individui incensurati, provenienti dall’Albania con visto turistico, e impiegati come spallucci.
Questi giovani, in gran parte ignari della gravità dei reati che stavano commettendo, ricevevano una retribuzione mensile di circa tremila euro, per poi essere rimpatriati dopo tre mesi e sostituiti con nuove leve.

Questo sistema, ripetibile e flessibile, permetteva di minimizzare i rischi legati all’identificazione e all’arresto degli esecutori materiali.

Il terzo gruppo, invece, si dedicava alla coltivazione indoor di *Cannabis sativa*, gestendo piantagioni sofisticate dislocate in diverse regioni del Nord Italia.
La professionalità dimostrata in queste coltivazioni era tale da consentire ai responsabili di acquisire un ruolo di consulenza per altri gruppi criminali, generando ingenti profitti.

L’organizzazione, dunque, non si limitava alla mera produzione, ma operava anche come fornitore di competenze specialistiche, ampliando ulteriormente la propria influenza nel panorama criminale.

L’indagine, ora, si concentra sull’individuazione di eventuali ulteriori complici e sulla ricostruzione dei flussi finanziari che hanno alimentato questa rete illecita, con l’obiettivo di disarticolare completamente l’organizzazione e contrastare efficacemente il traffico di stupefacenti sul territorio nazionale.

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