Un’importante svolta nella comprensione dei meccanismi alla base della memoria e dell’apprendimento è stata recentemente annunciata dall’Università di Torino: l’identificazione di una proteina, denominata Skt, che si rivela un elemento cardine per la corretta funzionalità delle sinapsi, le connessioni specializzate che permettono la comunicazione tra i neuroni.
La scoperta, pubblicata sulla prestigiosa rivista *Cell Reports*, apre nuove prospettive per la diagnosi e il trattamento di disturbi cognitivi e dello sviluppo neurologico.
Le sinapsi, lungi dall’essere strutture rigide e immutabili, sono dinamicamente riorganizzate in un processo fondamentale per l’acquisizione e il consolidamento della conoscenza, noto come plasticità sinaptica.
Questo rimodellamento continuo si manifesta attraverso la formazione e la maturazione delle spine dendritiche, piccole estroflessioni che agiscono come micro-antenne per ricevere e trasmettere segnali neuronali.
Il team torinese ha scoperto che Skt svolge un ruolo cruciale in questo processo: è essenziale per la corretta maturazione delle spine dendritiche, garantendone la capacità di veicolare informazioni con precisione e affidabilità.
L’assenza di Skt porta alla formazione di spine immature e disfunzionali, compromettendo seriamente l’apprendimento e la memoria.
Gli esperimenti condotti su modelli animali privi di Skt hanno rivelato comportamenti suggestivi, con somiglianze a quelli osservati in alcuni individui affetti da disturbi dello spettro autistico.
Questo collegamento, già sussistente a livello genetico, è stato ulteriormente corroborato dall’identificazione di interazioni significative tra Skt e altre due proteine chiave coinvolte nella plasticità sinaptica: Psd-95 e Shank3.
Queste ultime sono state a lungo associate a predisposizioni genetiche all’autismo, suggerendo un’intricata rete di interazioni molecolari che regolano lo sviluppo e la funzione cerebrale.
L’interazione di Skt con Psd-95 e Shank3, e l’impatto che la sua assenza ha su queste interazioni, forniscono un modello più complesso di come i disturbi dello sviluppo neurologico possano emergere.
“La nostra ricerca,” afferma la responsabile dello studio, Paola Defilippi, “ha permesso di individuare un tassello fondamentale per svelare i meccanismi che governano il funzionamento delle sinapsi e le alterazioni che si verificano in diverse patologie.
Questo ci offre nuove opportunità per comprendere non solo l’autismo, ma anche altre condizioni caratterizzate da deficit cognitivi.
“Le implicazioni di questa scoperta sono significative: apre la strada a nuove strategie per lo sviluppo di strumenti diagnostici più precisi e terapie mirate, potenzialmente in grado di intervenire sui meccanismi molecolari alla base dei disturbi cognitivi e dello sviluppo neurologico, offrendo nuove speranze per pazienti e famiglie.
Il futuro della ricerca si concentrerà sull’esplorazione di queste nuove vie terapeutiche, con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita delle persone affette da queste condizioni.