Un episodio di crescente disagio ha recentemente scosso la struttura penitenziaria “Cantiello e Gaeta” di Alessandria, manifestandosi in una forma di protesta collettiva da parte dei detenuti della terza sezione.
Il rifiuto di rientrare nelle rispettive celle, al termine del periodo dedicato all’attività sociale, non è stato un mero atto di disobbedienza, ma un gesto simbolico volto a richiamare l’attenzione su una problematica di primaria importanza: il prolungato malfunzionamento dell’impianto idrico che alimenta le docce.
Questo evento, apparentemente isolato, si configura invece come un campanello d’allarme, un sintomo di una crisi sistemica più ampia che affligge il sistema carcerario italiano.
Pino Cataldo, vicesegretario regionale del sindacato autonomo Osapp, sottolinea come la vicenda alessandrina non rappresenti un caso singolo, ma piuttosto l’ennesima prova tangibile di un progressivo smarrimento dei controlli e dell’efficienza amministrativa.
L’inerzia, quasi di deliberata omissione, da parte delle istituzioni centrali e della classe politica, raggiunge livelli mai osservati nella storia repubblicana, erodendo la fiducia e compromettendo la sicurezza all’interno delle strutture detentive.
Le denunce del sindacato Osapp, reiterate nel tempo, hanno costantemente evidenziato uno scenario di progressivo deterioramento e abbandono della sezione circondariale dell’istituto di Alessandria.
Le condizioni di lavoro del personale penitenziario, sottoposto a una pressione insostenibile, si collocano ben al di sotto di qualsiasi standard di dignità umana.
La presenza di infestazioni di piccioni, l’accumulo di sporcizia e i conseguenti rischi igienico-sanitari rappresentano non solo un problema di manutenzione ordinaria, ma un serio pericolo per la salute dei detenuti e del personale, esacerbando il clima di tensione e insicurezza.
La protesta, sebbene rapidamente sedata dall’intervento della polizia penitenziaria, non può essere considerata una questione chiusa.
Richiede un’azione immediata e risolutiva, che vada oltre le semplici misure di gestione dell’emergenza.
È necessario un investimento strutturale, non solo per la riqualificazione degli impianti idraulici, ma per un intervento più ampio che miri a ripristinare la sicurezza, la salubrità e la dignità all’interno del carcere.
La situazione ad Alessandria è, in definitiva, un riflesso della più ampia crisi che attanaglia il sistema penitenziario italiano, una crisi che esige un profondo ripensamento delle politiche e delle risorse dedicate alla riabilitazione e alla sicurezza.
La riabilitazione, infatti, non può avvenire in un ambiente degradato e insalubre, ma necessita di strutture adeguate e di personale formato e supportato.