Un gruppo di attivisti pro Palestina, stimato in circa cinquanta persone, ha interrotto l’attività operativa dell’aeroporto di Torino-Caselle, posizionandosi in prossimità delle reti di protezione a bordo pista, in un’area confinante con il cimitero di Caselle.
L’azione, condotta in maniera autonoma rispetto a iniziative coordinate, ha avuto origine da un corteo partito precedentemente da Borgaro Torinese, percorrendo una distanza di oltre un’ora.
L’obiettivo iniziale del gruppo, come dichiarato dagli stessi manifestanti, era quello di raggiungere un sito produttivo di Leonardo, un’azienda leader nel settore aerospaziale e della difesa, situato a breve distanza, nella frazione di Malanghero, comune di San Maurizio Canavese.
Tuttavia, la presenza massiccia delle forze dell’ordine all’accesso diretto dello stabilimento ha determinato un cambio di rotta, inducendo i manifestanti a deviare la marcia verso l’area aeroportuale.
Questa azione dimostra una crescente preoccupazione e una forma di protesta diretta legata al coinvolgimento di aziende italiane, come Leonardo, nella fornitura di tecnologie e sistemi militari destinati a zone di conflitto, in particolare in relazione alla situazione palestinese.
La scelta di un aeroporto, crocevia di traffici internazionali e simbolo della globalizzazione, amplifica il messaggio di dissenso e mira a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla responsabilità delle imprese e sulla necessità di un ripensamento delle politiche di armamenti.
L’interruzione delle attività aeroportuali, pur nella sua natura non violenta, solleva questioni complesse riguardanti il diritto di protesta, la sicurezza delle infrastrutture critiche e il ruolo delle aziende nella geopolitica contemporanea.
La scelta di un’azione di questo tipo, in un contesto di crescente tensione internazionale, evidenzia la determinazione dei manifestanti a far sentire la propria voce e a denunciare ciò che percepiscono come un’ingiustizia profonda.
Le conseguenze dell’azione, in termini di ritardi aerei e ripercussioni economiche, saranno inevitabilmente valutate dalle autorità competenti, ma il gesto simbolico rimane un chiaro segnale di dissenso e di richiesta di un cambiamento radicale nelle dinamiche globali del potere.
La presenza delle forze dell’ordine è massiccia, con l’obiettivo di prevenire ulteriori escalation e garantire la sicurezza dell’area.