La recente implementazione della riforma dei test di accesso a Medicina, inizialmente accolta con un certo grado di riserve, si sta rivelando un successo inatteso, come testimoniato dai risultati preliminari raccolti nelle sedi universitarie di Napoli e La Sapienza.
La ministra dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, ha sottolineato come l’approccio innovativo abbia permesso di superare le aspettative, consentendo a una quota significativa di aspiranti studenti – rispettivamente circa il 90% a Napoli e quasi l’80% alla Sapienza – di accedere ai corsi di laurea.
Questo cambiamento profondo, più che una semplice modifica procedurale, rappresenta un vero e proprio cambio di paradigma nell’approccio alla selezione e alla formazione dei futuri medici.
L’obiettivo primario non è più quello di erigere barriere selettive basate su criteri discutibili e spesso inadeguati per valutare il potenziale di un individuo a intraprendere la professione medica.
La riforma, invece, mira a favorire l’inclusione e a fornire a tutti gli studenti la possibilità di dimostrare le proprie capacità all’interno del contesto universitario.
La visione è quella di un percorso formativo che, dopo un semestre intensivo, pari a tre mesi di didattica vera e propria, verifichi l’effettiva acquisizione di competenze attraverso esami specifici.
Questo approccio permette di valutare non solo la preparazione iniziale, ma anche la capacità di apprendere e di adattarsi alle sfide della professione medica.
Un elemento cruciale di questa riforma è la progressiva espansione del numero di posti disponibili.
Partendo da un numero iniziale di 14.000, si è giunti a un totale di 24.029 posti, con l’impegno di continuare ad aumentare questa cifra annualmente.
Tale incremento è strettamente legato a un investimento continuo nell’infrastruttura universitaria e nella capacità di garantire una formazione di alta qualità.
Si tratta di un modello di crescita sostenibile, in cui l’ampliamento dell’offerta formativa è supportato da risorse adeguate e da un continuo miglioramento delle strutture e del corpo docente.
L’espansione del numero di posti non è un fine a se stesso, ma un mezzo per promuovere un accesso più equo e inclusivo all’istruzione superiore, contribuendo a formare una nuova generazione di medici preparati e motivati a rispondere alle esigenze del sistema sanitario nazionale.
La sostenibilità di questo modello è garantita da un approccio strategico che coniuga l’ampliamento dell’offerta con un investimento mirato nelle risorse universitarie.