La recente sospensione delle attività della Stanza dell’Ascolto dedicata all’aborto presso l’Ospedale Sant’Anna di Torino segna una tappa preliminare in una più ampia strategia di contrasto al finanziamento pubblico di iniziative che, a nostro avviso, si sottraggono all’applicazione integrale della legge 194.
La denuncia, promossa e sostenuta da CGIL Torino e CGIL Piemonte, in collaborazione con la Funzione Pubblica e l’associazione “Se non ora quando”, si configura come un atto di responsabilità civica volto a garantire il rispetto della legislazione vigente e a tutelare i diritti delle cittadine.
L’incontro tenutosi presso la Camera del Lavoro ha fornito l’occasione per analizzare in profondità le implicazioni della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale (TAR), che ha accolto il ricorso presentato.
I legali Vittorio Angiolini e Sofia Mercaldo hanno contribuito a delineare il quadro giuridico e a definire le prossime azioni, evidenziando come la decisione del TAR rappresenti un precedente significativo nella tutela dei principi costituzionali e dei diritti fondamentali.
Nonostante le dichiarazioni dell’assessore regionale Marrone, che inizialmente aveva prospettato un ricorso in Consiglio di Stato, la mancata presentazione di tale ricorso e l’assenza di nuove convenzioni per l’utilizzo della Stanza dell’Ascolto confermano la validità delle nostre preoccupazioni.
L’obiettivo primario rimane quello di contrastare il cosiddetto “Fondo Vita Nascente”, un meccanismo che, a nostro giudizio, utilizza risorse pubbliche per sostenere attività in aperto contrasto con la legge 194.
È imprescindibile che l’erogazione dei servizi sanitari relativi all’interruzione di gravidanza avvenga esclusivamente all’interno della rete pubblica, garantendo l’accesso a informazioni corrette e complete, in linea con i principi di autonomia e responsabilità sanciti dalla legge.
Non è accettabile che risorse pubbliche siano destinate a soggetti che, per statuto, si oppongono all’applicazione della 194, limitando di fatto la libertà di scelta delle donne.
Per troppo tempo, abbiamo preferito un approccio cauto, attendendo una pronuncia giudiziaria.
Ora, è tempo di rendere pubblici i nostri interventi e denunciare le incongruenze che hanno caratterizzato la gestione di questa delicata questione.
La decisione del TAR non è solo una vittoria legale, ma anche un invito a un ripensamento più ampio del modello di assistenza alla gravidanza e alla maternità.
Il prossimo passo cruciale è la revisione del Piano Sanitario Regionale, un documento che deve riflettere i valori di equità, accessibilità e rispetto dei diritti di tutte le cittadine.
Le risorse finanziarie devono essere prioritariamente allocate ai consultori pubblici, luoghi di ascolto, informazione e supporto per le donne, anziché essere dirottate verso iniziative che promuovono ideologie preconcette e limitano l’autodeterminazione.
Come sottolinea Anna Maria Poggio della segreteria CGIL Piemonte, si tratta di una scelta etica e di un investimento nel futuro della salute delle donne e delle comunità.
La battaglia per la piena attuazione della legge 194 è tutt’altro che conclusa.