La recente decisione del Ministero dell’Istruzione di ridurre le risorse destinate all’istruzione carceraria e per adulti solleva un’allarmante questione di priorità e responsabilità sociale, come evidenziato dalle proteste di Cisl Scuola, Anief e Uil. Il provvedimento, che impatta significativamente gli istituti secondari superiori “Plana” e “Giulio” all’interno del carcere torinese, rischia di compromettere l’accesso a percorsi formativi di secondo livello, cruciali per la riqualificazione professionale e l’integrazione sociale dei detenuti.Questi percorsi, che consentono l’ottenimento di diplomi tecnici, professionali o artistici, rappresentano un’ancora di speranza per individui spesso marginalizzati, offrendo la possibilità di ricostruire il proprio futuro e di reinserirsi attivamente nella società una volta scontata la pena. La loro interruzione, o anche un loro drastico ridimensionamento, significa negare a questi individui un diritto fondamentale: il diritto all’istruzione e alla possibilità di una seconda opportunità.Salvatore Toscano, segretario Cisl Scuola Torino Canavese, sottolinea come i tagli incidano pesantemente sugli organici di posto comune, privando le scuole delle risorse necessarie per garantire la continuità didattica e la qualità dell’offerta formativa. Pur apprezzando l’impegno della Direzione Generale Regionale del Ministero a mitigare il problema con ore aggiuntive in organico di fatto, Toscano evidenzia la natura temporanea di questa soluzione, insufficiente a preservare i docenti titolari e a garantire un servizio educativo stabile e strutturato.Marco Giordano, segretario generale Anief Piemonte, condanna fermamente la scelta di penalizzare l’istruzione per adulti e carceraria, definendola un errore di prospettiva. Giordano critica l’approccio reattivo del Ministero, che sembra voler compensare la diminuzione degli studenti legata alla denatalità attraverso tagli indiscriminati agli organici. Questa logica, tuttavia, appare miope e contraddittoria: la riduzione del numero di alunni non giustifica la riduzione del numero di insegnanti, soprattutto in contesti come quello carcerario, dove il supporto educativo assume un ruolo ancora più cruciale.Agostino Colotti, segretario generale regionale di Uil Scuola Piemonte, stigmatizza l’assenza di un confronto preventivo con le parti sociali e l’insufficiente considerazione delle conseguenze concrete sui lavoratori scolastici e sugli utenti finali del servizio: studenti, famiglie e l’intera comunità. Questa mancanza di dialogo dimostra una carenza di visione strategica e una sottovalutazione dell’importanza dell’istruzione come strumento di inclusione e di sviluppo sociale.La questione sollevata non è semplicemente una mera riorganizzazione amministrativa o una questione di bilancio. Si tratta di una scelta etica e politica che definisce il tipo di società che vogliamo costruire: una società che offre opportunità di riscatto a chi ha sbagliato, o una società che li condanna all’emarginazione e all’esclusione? Il taglio all’istruzione carceraria rappresenta una pericolosa deriva verso la prima opzione, e richiede un immediato e profondo ripensamento da parte delle istituzioni. L’investimento nell’istruzione, anche e soprattutto in contesti difficili come quello carcerario, è un investimento nel futuro, un investimento nella sicurezza e nella coesione sociale.
Tagli all’istruzione carceraria: un rischio per il futuro.
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