Un atto di disobbedienza civile vibrante e simbolico ha scosso oggi Torino, con un’azione di Extinction Rebellion che ha trasformato la stazione ferroviaria di Porta Susa in un palcoscenico di denuncia climatica.
L’azione, simultanea all’andamento della COP30 in corso a Belém, capitale dell’Amazzonia, ha voluto incalzare i decisori politici e sensibilizzare l’opinione pubblica sulla gravità della crisi climatica e l’urgente necessità di un cambio di rotta.
L’immagine potente di attivisti scalati sul tetto della stazione, con uno striscione che reclamava “COP2025: 1.5°C di ritardo”, ha immediatamente catturato l’attenzione.
L’uso di un figurante travestito da Bianconiglio, ripetendo con angoscia “è tardi”, non è stato un mero espediente ironico, ma una metafora esplicita del tempo che scorre inesorabile, mentre le promesse climatiche si rivelano vane.
La COP30, nata con l’ambizione di definire impegni vincolanti per limitare il riscaldamento globale a 1.5°C, si scontra con una realtà disarmante: i piani di riduzione delle emissioni attualmente in atto, pur con sforzi dichiarati, portano a una proiezione catastrofica di un aumento della temperatura di 2.6°C.
Questa discrepanza tra dichiarazioni e azioni concrete è il fulcro della frustrazione e della rabbia degli attivisti.
La protesta torinese non si è limitata a una critica generale; ha puntato il dito contro specifiche politiche regionali, denunciando un’incoerenza tra gli impegni internazionali e le scelte di investimento a livello locale.
L’esempio più lampante è rappresentato dall’allocazione di 70 milioni di euro per potenziare gli impianti di innevamento artificiale in Piemonte, un investimento che, in un contesto di emergenza climatica, appare non solo anacronistico, ma anche profondamente insostenibile.
Questa scelta finanziaria, in contrasto con i 76 impianti sciistici già dismessi a causa della scomparsa delle nevicate a quote sempre più basse, evidenzia una logica miope che privilegia interessi economici a breve termine a discapito della salvaguardia dell’ambiente e del futuro delle comunità locali.
L’azione di Extinction Rebellion, quindi, non è solo un atto di protesta, ma una chiamata all’azione, un monito a ripensare radicalmente le nostre priorità e a intraprendere percorsi di sviluppo sostenibile, coerenti con la scienza e con le esigenze di un pianeta in sofferenza.
Si tratta di abbandonare illusioni di soluzioni facili e di abbracciare una transizione ecologica profonda e irreversibile, che coinvolga tutti i settori della società e che metta al centro il benessere delle generazioni future.
La battaglia per il clima è una battaglia per la giustizia, per l’equità e per la sopravvivenza stessa dell’umanità.







