Nel cuore della notte torinese, una nuova ondata di attivismo si è riversata in città, confluendo in un movimento più ampio già in marcia contro il blocco della Flotilla.
Circa duecento persone, provenienti da un punto di aggregazione iniziale a Porta Nuova, hanno attraversato vie laterali, come Via Sacchi, per unirsi al corteo principale, stimato in circa quattromila partecipanti.
Quest’ultimo, partito in precedenza dinanzi al Comune, aveva già percorso un tratto significativo, incarnando la crescente frustrazione e la determinazione a contrastare le restrizioni imposte alla missione umanitaria.
Il corteo, inizialmente un fiume in movimento, ha subito una fase di rallentamento, una pausa necessaria per raggrupparsi e riorganizzarsi prima di riprendere la sua avanzata lungo Corso Vittorio Emanuele II, puntando di nuovo verso Palazzo Nuovo, simbolo istituzionale e, in questa occasione, meta di una protesta sentita.
L’azione non si è limitata alla manifestazione pacifica.
In segno di occupazione simbolica e di presa di posizione diretta, il collettivo “Coordinamento Torino per Gaza” ha rivendicato l’occupazione di Palazzo Nuovo, sede delle facoltà umanistiche.
Questa azione, espressione di un impegno radicale, sottolinea l’intenzione di portare la voce della protesta direttamente nel cuore della comunità accademica e culturale.
Il Coordinamento, anticipando ulteriori sviluppi, ha programmato un corteo in bicicletta per le ore undici del mattino, con punto di partenza proprio da Palazzo Nuovo.
L’iniziativa, volta a massimizzare la visibilità e l’impatto del messaggio, si propone di coinvolgere un numero ancora maggiore di persone.
Lo slogan scelto – “Bloccano la Flotilla, noi blocchiamo tutto” – rivela la natura esigente e inclusiva della protesta.
Non si tratta solo di opporsi al blocco di una missione umanitaria specifica, ma di esprimere una critica più ampia alle politiche che ostacolano la giustizia e la solidarietà.
Il messaggio è chiaro: finché la libertà di azione e la compassione vengono limitate, l’attivismo continuerà a intensificarsi, occupando spazi e sfidando lo status quo.
La mobilitazione torinese si configura quindi come un episodio significativo di un movimento globale, animato da un profondo senso di responsabilità e dalla volontà di costruire un futuro più equo e compassionevole.