Torino, migliaia in piazza per difendere Askatasuna

La voce si alza, vibrante di determinazione, un grido collettivo che si propaga attraverso le strade: “Askatasuna, sinonimo di libertà, un baluardo che nessuno potrà spezzare”.
Un corteo di oltre duemila persone, un fiume umano che sgorga da Palazzo Nuovo, cuore pulsante delle facoltà umanistiche torinesi, si avvia verso il quartiere Vanchiglia, manifestando con forza la propria opposizione allo sgombero del centro sociale Askatasuna.
L’evento non è semplicemente una protesta, ma un atto di resistenza civile, un messaggio chiaro e inequivocabile rivolto a un governo percepito come autoritario, un governo che, secondo i manifestanti, teme la loro voce, la loro capacità di aggregazione e di pensiero autonomo.

La presenza di un variegato panorama di partecipanti testimonia la portata e la risonanza della questione: giovani, famiglie con bambini, residenti del quartiere, delegazioni provenienti da città come Milano, Genova e dal Nord-Est, unite da una comune difesa dei valori di libertà, giustizia sociale e autodeterminazione.

Tra le bandiere sventolanti, quelle No Tav, simbolo di una lotta pluriennale contro un’opera infrastrutturale considerata dannosa per l’ambiente e le comunità locali, si affiancano a quelle palestinesi, a testimonianza di una solidarietà transnazionale e di un impegno a sostegno delle popolazioni oppresse.

La presenza di Alice Ravinale, capogruppo del Consiglio Regionale di Avs (Ambiente, Verde e Sanità), sottolinea l’importanza attribuita alla questione da parte delle istituzioni e la necessità di un approccio politico e amministrativo sensibile alle esigenze delle comunità locali.
Prima della partenza, una serie di interventi al microfono hanno acceso l’entusiasmo e rafforzato il senso di unità.

Particolarmente toccante è stato l’intervento di un rappresentante del Comitato di Quartiere Vanchiglia, che ha denunciato le conseguenze dell’operazione di sgombero sulle scuole del quartiere, evidenziando l’impatto negativo sulla vita dei bambini e delle famiglie.
Le scuole chiuse, un atto percepito come una forma di coercizione e di repressione, hanno amplificato la rabbia e la frustrazione dei manifestanti.

Il corteo non è solo una marcia di protesta, ma un’espressione di identità, una rivendicazione di diritti, un inno alla resilienza di una comunità che si rifiuta di essere silenziata.

È un atto politico che mira a sensibilizzare l’opinione pubblica, a esercitare pressione sulle istituzioni e a promuovere un dibattito aperto e costruttivo sulle questioni cruciali che riguardano la libertà, la democrazia e la giustizia sociale.

L’Askatasuna, per coloro che partecipano a questo corteo, rappresenta molto più di un semplice centro sociale: è un luogo di incontro, di scambio, di crescita, un punto di riferimento per una comunità che aspira a costruire un futuro migliore.

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