La galassia dell’Università italiana è stata attraversata da un’ondata di proteste e di ribellione, con scioperi generali in diverse città, tra cui Milano, Torino, Bologna e Firenze. La causa scatenante è stata l’esasperazione per i tagli alle risorse, per la precarietà dei lavoratori, per i bassi salari e per il sistema di appalti che ha condotto a un degrado delle condizioni di lavoro.A Torino, il presidio organizzato presso il Castello del Valentino è stato un punto di riferimento per gli studenti e gli insegnanti che hanno bloccato l’ingresso alla Facoltà di Architettura e Urbanistica. A Milano, il presidio all’Università della Bicocca ha rappresentato un momento di solidarietà tra i lavoratori e gli studenti.Il sindacalismo universitario ha giocato un ruolo fondamentale nella mobilitazione, con la Cgil che ha condotto una battaglia nazionale per bloccare il decreto Bernini sulle carriere. Il segretario generale lombardo della Flc-Cgil, Massimiliano De Conca, ha sottolineato la necessità di una revisione completa dei meccanismi di reclutamento che penalizzano chi fa ricerca.La contestazione dei tagli del governo Meloni è stata forte e unanime. Le organizzazioni sindacali hanno denunciato come i fondi destinati alla guerra vengano sottratti a quelli dell’Università e della ricerca. La riforma Bernini è stata condannata per la sua incapacità di offrire contratti dignitosi ai lavoratori.La Cub ha avanzato una serie di richieste concrete, tra cui il taglio della spesa bellica e l’utilizzo dei fondi destinati alla stabilizzazione delle figure precarie. È stato chiesto anche l’abolizione del sistema baronale di valutazione e la fine degli appalti.Il messaggio che emerge dalla mobilitazione è chiaro: non si tratta solo di rivendicare diritti, ma anche di costruire un nuovo modello di Università che sia orientato all’interesse collettivo.