Il tribunale di Verbania ha presieduto questa mattina ad un’udienza preliminare carica di tensione, preludio al processo che vede imputato Giancarlo Murroni, un uomo di 63 anni attualmente detenuto in carcere con l’accusa di un attentato con acido di estrema gravità. L’episodio, avvenuto in un salone da parrucchiere verbanese, ha lasciato nella vittima, una donna che aveva avuto una breve relazione con l’imputato, ferite fisiche e psicologiche profonde, sollevando interrogativi inquietanti sul percorso emotivo e comportamentale che ha portato a un gesto di tale violenza.L’udienza si è svolta in un clima pesante, con la presenza sia dell’imputato, assistito dall’avvocata Marisa Zariani, sia della vittima, visibilmente provata e supportata dalla figlia. La scelta del rito abbreviato da parte di Murroni ha determinato una prima fase procedurale che porterà ad una discussione in data 30 settembre. Un gesto simbolico, un assegno di quattromila euro depositato a titolo di acconto per il risarcimento danni, è stato interpretato dall’avvocato Mario Di Primio, legale della donna, come un mero adempimento formale, privo di un reale pentimento o di un sincero riconoscimento della gravità del danno causato. La mancanza di scuse, un gesto che avrebbe potuto iniziare un percorso di riparazione, lascia intravedere una distanza emotiva significativa tra l’imputato e la sua responsabilità.Le accuse mosse a Murroni sono di estrema gravità: deformazione dell’aspetto fisico mediante lesioni permanenti, aggravate da premeditazione – elemento cruciale che indica una pianificazione del gesto – dall’utilizzo di sostanze corrosive e velenose, e dalla relazione pregressa con la vittima, configurando un quadro di violenza emotiva che ha preceduto e accompagnato l’atto fisico. L’aggiunta di accuse relative ad atti persecutori suggerisce un comportamento ossessivo e minaccioso protrattosi nel tempo, indicando un modello di relazione abusiva.L’evento ha generato un profondo turbamento nella comunità locale, sollevando il dibattito sulla necessità di una maggiore attenzione ai segnali di allarme che possono precedere atti di violenza di genere. La fragile condizione psicologica della vittima, emersa chiaramente durante l’udienza, culminata in un pianto liberatorio, sottolinea l’importanza di un supporto psicologico adeguato per le vittime di violenza e la necessità di affrontare le cause profonde che alimentano comportamenti aggressivi e distruttivi. Il processo si preannuncia come un momento cruciale per fare luce su dinamiche relazionali complesse e per perseguire la giustizia, garantendo al contempo la protezione della vittima e la prevenzione di simili tragedie. La questione della responsabilità penale si intreccia con la necessità di promuovere una cultura del rispetto e della parità, contrastando ogni forma di violenza e discriminazione.
Verbania, attentato con acido: udienza tesa, l’imputato sceglie il rito
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