lunedì 13 Ottobre 2025
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Torino

Amleto: una rilettura audace tra tradizione e provocazione.

L’Amleto che emerge dal palcoscenico del Teatro Carignano, diretto da Leonardo Lidi e frutto della collaborazione con il drammaturgo Diego Pleuteri, non si presenta come una mera riproposizione di un classico immortale, né come una sbrigativa modernizzazione.

Piuttosto, si tratta di un’esplorazione audace e feconda, un atto di coraggio artistico che si colloca nell’interstizio tra rispetto filologico e radicale ri-immaginazione.
Lo spettacolo, concepito per celebrare il settantesimo anniversario dello Stabile Torinese, ambisce a scuotere le certezze dello spettatore, a provocare una riflessione profonda sull’opera stessa e, per estensione, sulla condizione umana.
La forza motrice di questa rilettura risiede in una decostruzione attenta del testo shakespeariano.

Pur mantenendo intatti i nuclei tematici fondamentali – la sete di vendetta, il tormento del dubbio, la discesa nella follia, la natura illusoria e rivelatrice del teatro – l’adattamento opera una revisione sostanziale.

Celebri monologhi, pietre miliari dell’immaginario collettivo, vengono volutamente eliminati per concentrare l’attenzione su altri aspetti, per esporre la drammaticità in forma più essenziale, per accelerare il ritmo narrativo.
Il linguaggio si fa più diretto, a tratti cinico, intriso di un umorismo nero che funge da cortina fumogena per celare le profonde ferite che lacerano i personaggi.

L’esito è un Amleto inaspettato, un protagonista capace di dialogare con il pubblico contemporaneo senza perdere la complessità e la tragicità originaria.
I personaggi si muovono in una sorta di circo dell’esistenza, con maschere grottesche e movimenti caricaturali, ma dietro la patina di leggerezza si cela un abisso di morte, tradimento e isolamento.

Il velo dell’artificio si dissolve solo al termine dello spettacolo, quando la cruda realtà del dolore e della perdita emerge con tutta la sua potenza, negando ogni possibilità di consolazione o illusione.
Il fulcro dell’esperienza teatrale rimane la parola, intesa come strumento di verità e di catarsi.

L’invito di Amleto rivolto agli attori – “Trattali bene” – trascende la mera esecuzione scenica, assumendo una valenza politica e sociale, un invito a onorare la dignità umana e a non cedere alla mercificazione della cultura.

La celebre affermazione “Il teatro è la trappola per catturare la coscienza del re” si arricchisce di nuovi significati: il palcoscenico diventa non solo uno specchio della realtà, ma anche un potente strumento di denuncia e di cambiamento.
Mario Pirrello, nel ruolo di Amleto, offre un’interpretazione rivoluzionaria, distante dall’immagine stereotipata del giovane principe tormentato.
Il suo è un protagonista maturo, consapevole delle proprie debolezze e capace di muoversi con disinvoltura tra la maschera della follia e la lucidità del ragionamento.
La sua presenza scenica, amplificata da un trucco marcato, una parrucca voluminosa e l’uso di un trampolino che lo proietta verso il pubblico, rompe la tradizionale barriera tra attore e spettatore, coinvolgendo attivamente il pubblico nella narrazione.
L’inclusione di due spettatori sul palco, un gesto di rottura che annulla la “quarta parete”, sottolinea la natura collettiva dell’esperienza teatrale, trasformando il pubblico da osservatore passivo a parte integrante dello spettacolo.

Lidi non nasconde la potenziale natura divisiva della sua opera.
Amleto, a suo dire, non deve essere una carezza, ma una sfida, uno specchio che riflette le nostre contraddizioni e le nostre paure.

La sua è un’interpretazione coraggiosa, che rifiuta la facile compiacevolezza e invita il pubblico a confrontarsi con la complessità dell’animo umano.
Un’Amleto che, per essere tale, deve essere scomodo, provocatorio, disturbante.

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