Binoche a Torino: arte, diritti e un nuovo inizio.

Juliette Binoche, l’icona che molti ancora associano alla figura di Vianne Rocher, la cioccolatiera capace di scuotere le fondamenta di una comunità soffocata dalla rigidità, si è presentata al Torino Film Festival per un evento duplice: la proiezione del suo debutto alla regia, “In-I in Motion”, e il prestigioso riconoscimento della Stella della Mole.
L’occasione ha offerto un’opportunità per riflettere, in concomitanza con la Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne, su temi di profonda rilevanza sociale e personale.

La sua voce, carica di passione e consapevolezza, si è levata per denunciare le drammatiche condizioni che affliggono donne in territori come l’Afghanistan, il Congo e l’Iran, dove la negazione dei diritti umani fondamentali rappresenta una ferita aperta sulla coscienza globale.
Binoche ha espresso la necessità impellente di una protesta collettiva e decisa, sottolineando come la persistente associazione della forza e della protezione all’uomo perpetui dinamiche disfunzionali.

La ricerca di un “protettore” maschile, nata da un’educazione intrisa di ideali femministi da parte della madre, si è rivelata un’illusione, spingendola a interrogarsi sulla possibilità di un’interazione più autentica tra uomo e donna, un’interazione che trascenda le barriere fisiche e sociali per elevarsi a un livello di comprensione e apprezzamento reciproco, forse ancorato a una dimensione spirituale.

“In-I in Motion” rappresenta un atto di coraggio artistico, un ritorno alle radici della performance teatrale che l’attrice ha sperimentato in un’intensa tournée mondiale con Akram Khan. La scelta di tradurre l’esperienza in un film, suggellata dalle suggestive scenografie di Anish Kapoor, è stata innescata dall’incoraggiamento di Robert Redford.
La danza, disciplina che esige una fusione estenuante di resistenza fisica ed emotiva, ha spinto Binoche a superare i propri limiti, a confrontarsi con la fatica estrema e il timore della sconfitta.
“Se credi profondamente in qualcosa, devi farlo, anche quando sai di dover affrontare le tue ombre”, ha affermato, rivelando una filosofia di vita improntata alla perseveranza e all’autenticità.
Binoche ha poi approfondito il concetto di “arte trasformativa”, riconoscendo come alcune opere e alcuni personaggi abbiano il potere di modificare radicalmente la propria percezione del mondo.
Tra le esperienze che l’hanno profondamente segnata, ha citato “La Giovanna d’Arco” di Dreyer, un capolavoro di potenza e intensità emotiva che l’ha colpita nel profondo.

L’attrice ha inoltre affrontato il delicato argomento delle scene di sesso sul set, sottolineando le sfide legate alla rappresentazione del desiderio e la necessità di un approccio responsabile e rispettoso.
Pur riconoscendo l’importanza della figura dell’intimacy coordinator, ha espresso la preoccupazione che le scene intime possano essere distorte o utilizzate impropriamente, suggerendo un modello di lavoro che preveda la condivisione del materiale girato con gli attori per ottenere il loro consenso.

Infine, Binoche ha tracciato un quadro delle esperienze che hanno plasmato la sua identità, dalla famiglia, segnata dal divorzio e dall’esperienza del collegio, alla trasmissione dell’amore per l’arte, elemento centrale nella sua formazione.

La figura materna, Monique Yvette Stalens, attrice e regista, ha instillato in lei i valori della verità, della sincerità e dell’affermazione del proprio pensiero, insegnandole a non cedere mai al sentimentalismo o al rimpianto.

L’eredità di questa figura femminile forte e indipendente ha lasciato un segno indelebile nel percorso artistico e personale di Juliette Binoche.

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