La stagione teatrale 2025/26 del Teatro Astra di Torino inaugura con una rilettura audace e suggestiva di *Dracula*, firmata da Fabrizio Sinisi per la drammaturgia e guidata dalla regia visionaria di Andrea De Rosa.
Lo spettacolo, in scena fino al 30 novembre, non si limita a riproporre il celebre racconto di Bram Stoker, ma ne esplora le profondità psicologiche e esistenziali, interrogando il concetto di immortalità e la sua correlazione con la mostruosità.
L’allestimento si avvale di un ensemble di talenti, interpretato da Michelangelo Dalisi, Marco Cacciola, Marco Divsic, Michele Eburnea, Chiara Ferrara e Federica Rosellini, che incarnano le molteplici sfaccettature del mito.
La scelta di un cast così eterogeneo riflette la volontà di offrire una narrazione poliedrica, in cui ogni personaggio contribuisce a svelare la complessità del protagonista e del suo tormento.
Il Teatro Astra, recentemente oggetto di un rinnovamento profondo, si apre a nuove configurazioni sceniche, ampliando lo spazio a disposizione del palcoscenico.
Questa trasformazione architettonica non è casuale; mira a creare un ambiente immersivo, capace di amplificare l’impatto emotivo dello spettacolo e di stimolare l’immaginazione del pubblico.
Lo spazio diventa, così, un elemento narrativo a sé stante, partecipando attivamente alla costruzione dell’atmosfera gotica e inquietante.
La riflessione sul mostro, centrale nell’interpretazione di De Rosa, non si limita alla figura di Dracula, ma si estende a tutti quegli individui che, spinti da un desiderio inestinguibile di sopravvivenza, si rifiutano di accettare la propria finitezza.
Il mostro diventa metafora dell’uomo che, pur di evitare la morte, si trasforma in qualcosa di altero e alienante, perdendo progressivamente la propria umanità.
Andrea De Rosa dedica lo spettacolo a coloro che affrontano le sfide più estreme della vita, coloro che, confrontati con il dolore, la perdita e la precarietà, rischiano di trasformarsi in creature tormentate, marchiate dall’esperienza.
*Dracula* diventa, in tal senso, una parabola universale sulla condizione umana, un invito a confrontarsi con l’ineluttabilità della morte e a riflettere sul significato dell’esistenza.
Lo spettacolo non vuole quindi offrire soluzioni o consolazioni, ma stimolare un dibattito aperto e profondo sulla natura del male, sulla responsabilità individuale e sulla possibilità di redenzione.







