“L’estate di Nanà” di Chiara Clausi non è un racconto di redenzione, ma un’immersione cruda e disturbante nell’abisso della condizione umana, una riflessione sulla difficoltà di trascendere le proprie radici e sfuggire a un destino apparentemente ineluttabile. Pubblicato da Affiori, questo secondo romanzo dell’autrice, giornalista calabrese trapiantata a Torino, si distanzia nettamente dal suo esordio, “Beirut au revoir” – un reportage intenso sul Libano – e dal precedente “Claudine”, che pur mantenendo una certa speranza, si rivela ora come un preludio a questa narrazione più complessa e dolorosa.Il romanzo segue il percorso di Nanà, una giovane donna napoletana che, in un impeto di ribellione e desiderio di cambiamento, abbandona la sua vita, un mosaico di eccessi, relazioni precarie e un ambiente sociale soffocante. Il trasferimento a Roma, e l’incontro con Nic, rappresentano un tentativo disperato di reinventarsi, di sottrarsi a un passato che sembra marchiarla a fuoco. Tuttavia, la fuga non può cancellare le cicatrici: il passato, come un’ombra insistente, la insegue, manifestandosi in ricordi traumatici, in sensi di colpa irrisolti e in un senso di inadeguatezza profonda.Clausi, con una scrittura asciutta e potente, evita ogni forma di sentimentalismo facile, offrendo al lettore un ritratto impietoso di una realtà marginale, dove la lussuria convive con la violenza, la dipendenza con la delusione. Nanà non è una vittima innocente, ma una donna tormentata, fragile eppure dotata di una forza interiore che le permette di lottare, anche se la battaglia è destinata a essere persa.L’autrice si pone in aperta contrapposizione alla narrativa mainstream, quella che impone lieto fine e soluzioni consolatorie. “L’estate di Nanà” è un atto di coraggio letterario, una denuncia delle ipocrisie borghesi e un invito a confrontarsi con il lato oscuro dell’esistenza. Clausi rifiuta la morale conformista, proponendo al lettore un’esperienza destabilizzante, che lo costringe a interrogarsi sui limiti della libertà e sulla difficoltà di raggiungere una felicità autentica.”Claudine”, il romanzo precedente, appare ora come un tentativo immaturo, una ricerca di ottimismo che si rivela incompleta. Mancava, secondo l’autrice, la “sofferenza” necessaria per una rappresentazione veritiera della realtà, quel turbamento intrinseco all’esperienza umana che “L’estate di Nanà” esplora con una profondità sconcertante, lasciando il lettore con un senso di inquietudine e una consapevolezza amara: a volte, la vera libertà consiste nell’accettare la propria sconfitta.
L’Estate di Nanà: Abisso e Ribellione nel Romanzo di Clausi
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