Nella galleria Swann Art Gallery di Torino, fino al 19 novembre, risuona un’eco profonda, un lamento scolpito nel cuore della materia: è la voce di Giovanni Ruggiero, scultore faentino e docente all’Accademia Albertina, che attraverso la sua mostra “Gott ist tot – Introrilievi”, a cura di Marco Senaldi, ci conduce in un’esplorazione visiva e concettuale delle ferite aperte del nostro tempo.
La mostra non è una semplice esposizione artistica, ma un vero e proprio atto di testimonianza, un grido di allarme contro la disumanità che pervade le cronache del mondo, un invito a riflettere sulla responsabilità individuale di fronte alla sofferenza collettiva.
L’artista, profondamente scosso dagli eventi globali, e con particolare riferimento alla tragedia di Gaza, sceglie di non rimanere in silenzio, ma di tradurre in linguaggio scultoreo la sua angoscia, la sua rabbia e la sua speranza.
Il concetto chiave della mostra è l’ “Introrilievo”, una tecnica scultorea originale e potente, ideata dallo stesso Ruggiero.
In questo linguaggio innovativo, il vuoto, l’assenza di materia, assume un ruolo primario: il negativo della forma si configura come segno di resistenza, come spazio di possibilità, come memoria di ciò che è stato perduto.
L’opera “Gott ist tot” – “Dio è morto” – incarna questo principio in una performance partecipativa che coinvolge direttamente il pubblico.
Un lenzuolo bianco diventa tela per le impronte di mani intinte di rosso sangue, un gesto corale che evoca le vittime innocenti, la perdita di ogni scudo, l’erosione dell’innocenza.
Ogni mano che si imprime sulla tela contribuisce a creare un monumento all’orrore, una denuncia, una domanda ineludibile sulla nostra responsabilità morale.
Due opere sono state create appositamente per la mostra.
“Il silenzio dei passi perduti” è una monumentale scultura in ceramica rossa e nera, un Introrilievo che evoca un campo di battaglia devastato, martoriato da innumerevoli ferite.
L’intervento diretto dell’artista, calpestando deliberatamente l’opera, rompe la simmetria, la chiusura formale, liberando un’energia drammatica, un urlo silenzioso.
“Sotto lo stesso cielo ma destini differenti”, invece, è un’opera astratta che fa emergere una figura angelica, oscura e indefinita, plasmata da una sostanza materica intensa, e posizionata su vetri rossi, come a simboleggiare la precarietà e la fragilità dell’esistenza umana, la disparità di condizioni, la distanza incolmabile tra chi è protetto e chi è abbandonato.
La sezione “La forza delle idee sulle cose” rivela un ulteriore aspetto del processo creativo di Ruggiero: disegni e inchiostri neri catturano l’immediatezza di esplosioni, nuvole di fumo, apparizioni improvvise.
Questi segni, nati dall’istinto e dall’osservazione, si trasformano in visioni traumatiche, in frammenti di memoria collettiva.
I taccuini di lavoro, esposti al pubblico, offrono uno sguardo intimo sul percorso intellettuale dell’artista, tracciando l’evoluzione delle sue riflessioni, il suo tentativo di conciliare gesto, etica e materia, alla ricerca di una forma espressiva in grado di comunicare l’orrore e la speranza.







