Teste di marmo tra lago e fiume: un’opera d’arte a Omegna

Nel cuore del Verbano-Cusio-Ossola, a Omegna, emerge un’installazione scultorea che invita alla riflessione sull’identità, il tempo e il rapporto tra arte e paesaggio.

Due teste in marmo di Carrara, una maschile e una femminile, si ergono dalle acque del fiume Nigoglia, l’emissario che connette il lago d’Orta a questo piccolo centro.

L’opera, concepita dall’artista locale Giorgio Rava, settantacinque anni, si presenta non come un semplice ornamento, ma come una dichiarazione poetica e concettuale volta a celebrare la simbiosi tra il lago e il fiume, elementi vitali che plasmano la geografia e la storia del territorio.
Le sculture, posizionate strategicamente a breve distanza da largo Cobianchi e dal palazzo comunale, orientano il loro sguardo verso nord, seguendo la direzione del corso del fiume.
Questo gesto apparentemente semplice veicola un significato più profondo: un omaggio al flusso ininterrotto della vita, al movimento che connette passato, presente e futuro.

L’ispirazione per questa creazione affonda le radici in un episodio affascinante e controverso: la scoperta, a Livorno, di teste scolpite da studenti, ispirate a Modigliani, ritrovate nel Fosso Reale.
Un evento che, inizialmente, generò l’illusione di una scoperta autentica, alimentando il dibattito tra arte, storia e finzione.
Rava riprende questo atto, apparentemente giocoso e provocatorio, per trasfigurarlo in un rituale artistico, un “matrimonio” simbolico tra il lago e il Nigoglia.
L’artista non mira a una replica pedissequa dell’episodio livornese, bensì a utilizzarlo come chiave interpretativa per esplorare i confini tra realtà e immaginazione, tra creazione artistica e scoperta accidentale.

Le teste di marmo, immerse nel contesto naturale del fiume, diventano testimoni silenziose della memoria collettiva, incarnando le emozioni contrastanti che legano la comunità al proprio territorio: amore, affetto, ma anche, a volte, risentimento e critica.
L’opera di Rava si pone quindi come un invito a contemplare la fragilità e la transitorietà dell’esistenza, a riconoscere il valore intrinseco del paesaggio e della sua storia, a interrogarsi sul ruolo dell’arte come strumento di interpretazione e di dialogo con il mondo.

Le sculture, in un gesto di poetica sovversiva, si offrono non come soluzioni definitive, ma come stimoli per una riflessione continua, un dialogo aperto tra l’opera, l’ambiente circostante e lo spettatore.

Rappresentano, in definitiva, un omaggio alla forza del fiume, del lago e, soprattutto, alla resilienza e all’identità di una comunità.

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