In un’era definita dall’ipervelocità comunicativa, dove l’informazione si frantuma in frammenti effimeri e la comprensione profonda rischia di essere soffocata dal diluvio di stimoli, il cinema di Wang Bing si configura come un atto di deliberata resistenza.
Non si tratta di un rifiuto dogmatico della modernità, bensì di una proposta radicale: rallentare, osservare, contemplare la realtà nella sua complessità, permettendo al tempo di rivelare ciò che altrimenti rimarrebbe occulto.
Un cinema che non spiega, ma *mostra*, invitando lo spettatore a partecipare attivamente alla costruzione del significato.
L’incontro, organizzato dal Museo del Cinema di Torino e dal festival Job Film Days, e la successiva masterclass con Carlo Chatrian al Cinema Massimo, offrono un’opportunità unica per addentrarsi nel percorso artistico di questo autore cinese, figura di spicco nel panorama cinematografico internazionale.
Wang Bing, con la sua opera, non si limita a documentare, ma indaga le dinamiche sociali, economiche e umane che plasmano il volto della Cina contemporanea.
“C’è bisogno di un altro ritmo,” dichiara il regista, in un’epoca dominata dalla proliferazione di blog, video e nuovi media che erodono i canali di informazione tradizionali.
La sua pratica cinematografica, lenta e prolungata, si pone come antidoto alla superficialità e all’effimero.
L’opera di Wang Bing si costruisce sulla granularità dell’esperienza, sui gesti quotidiani, sullo spazio vissuto, accumulando ore di girato che poi, attraverso un processo di selezione e montaggio, si trasformano in narrazioni potenti e commoventi.
L’enorme mole di materiale raccolto, più di 2600 ore, ha portato alla decisione di dividere il lavoro in una trilogia, rivelando la complessità e l’ampiezza del fenomeno indagato solo dopo la realizzazione della prima parte.
I suoi film sono un’analisi acuta della Cina recente, un paese in rapida trasformazione, dove la modernizzazione convive con le ombre del passato e le disuguaglianze sociali.
Wang Bing non elude le tematiche delicate, affrontando con coraggio la questione della censura.
Il percorso del regista è costellato di ostacoli: inizialmente i suoi film erano proiettati in maniera clandestina, attraverso dvd pirata o piattaforme online, per poi subire un tentativo di cancellazione dalla rete con l’uscita della trilogia *Youth*.
Nonostante ciò, le proiezioni sono riprese a Shanghai, segno di un desiderio di verità e di una necessità di confrontarsi con la realtà, per quanto scomoda essa possa essere.
La sua opera ci invita a riflettere non solo sulla Cina contemporanea, ma anche sul nostro rapporto con il tempo, sulla nostra capacità di ascolto e sulla nostra responsabilità verso gli altri.
Un cinema che, attraverso la lente della lentezza, ci restituisce la dignità del reale.