La crisi che affligge il settore risicolo italiano, lungi dall’essere una semplice fluttuazione di mercato, si configura come una seria minaccia alla sostenibilità di un’intera filiera agroalimentare e alle comunità rurali che da essa dipendono.
L’immediato impatto si manifesta con un crollo dei prezzi all’origine, che hanno ridotto i ricavi dei produttori a livelli insostenibili, ben al di sotto dei costi di produzione necessari per garantire la continuità delle attività.
Si parla di una diminuzione significativa, attestata intorno al 40-50%, una perdita di valore che erode il lavoro di generazioni e mette a rischio investimenti in innovazione e tecniche agricole sostenibili.
Questa contrazione è direttamente collegata all’aumento vertiginoso delle importazioni di riso provenienti da paesi terzi.
Le statistiche di Coldiretti Vercelli-Biella, supportate da dati Istat, rivelano un incremento delle importazioni pari al 10% nei primi sette mesi del 2025, raggiungendo un volume totale di 208 milioni di chilogrammi.
Questo afflusso massiccio, proveniente da aree globali dove spesso la produzione è incentivata da sussidi e pratiche agricole diverse, destabilizza l’equilibrio del mercato interno e genera una competizione sleale.
Un elemento aggravante è rappresentato dalle tariffe preferenziali applicate al 60% del riso importato.
Queste agevolazioni, pur avendo potenzialmente l’obiettivo di favorire lo sviluppo economico di paesi in via di sviluppo, si traducono in una distorsione del mercato europeo, penalizzando i produttori italiani che operano nel rispetto di standard qualitativi e ambientali più elevati.
La qualità del riso italiano, con le sue varietà pregiate come il Carnaroli e l’Arborio, spesso sinonimo di eccellenza culinaria e garanzia di tracciabilità, rischia di essere sminuita da un’offerta a prezzi più bassi, ma spesso di qualità inferiore.
Le preoccupazioni non si limitano all’immediato scenario economico.
Le trattative in corso per la revisione del Regolamento sul Sistema delle Preferenze Generalizzate (SPG) destano ulteriori apprensioni.
L’introduzione di una clausola di salvaguardia, pur essendo presentata come un meccanismo automatico di protezione, potrebbe rivelarsi inefficace se non adeguatamente calibrata e monitorata.
Un salvaguardia inadeguata rischia di non proteggere efficacemente il riso europeo, lasciando i produttori esposti a fluttuazioni di mercato incontrollabili e a pratiche commerciali distorsive.
La situazione richiede un’azione politica tempestiva e coordinata a livello europeo.
È necessario rivedere i meccanismi di importazione, garantendo condizioni di concorrenza leali e valorizzando la qualità del riso italiano.
Un approccio olistico, che consideri non solo gli aspetti economici, ma anche quelli sociali e ambientali, è essenziale per garantire la resilienza del settore risicolo e preservare il patrimonio agroalimentare italiano.
Il futuro del riso italiano, e delle comunità che da esso vivono, dipende dalla capacità di agire con lungimiranza e determinazione.










