La recente iscrizione della cucina italiana nel registro del patrimonio immateriale dell’UNESCO non è semplicemente un trionfo gastronomico, ma un atto di riconoscimento della complessa rete di ecosistemi, tradizioni agricole e saperi ancestrali che la sostengono.
Questo sigillo di valore UNESCO illumina un tesoro di agrobiodiversità, una ricchezza genetica che rappresenta la base imprescindibile per la produzione di alimenti unici e distintivi.
Un patrimonio che Slow Food, con la sua pluridecennale esperienza, si impegna a proteggere e a promuovere attivamente attraverso iniziative quali i Presìdi e l’Arca del Gusto, veri e propri archivi viventi della biodiversità alimentare.
La cucina italiana, nel suo insieme, è il risultato di secoli di interazioni tra uomo e territorio, un processo evolutivo che ha plasmato paesaggi, varietà vegetali e razze animali, generando un mosaico di sapori e tecniche culinarie regionali.
Il riconoscimento UNESCO pone l’accento non solo sui piatti iconici che hanno conquistato il palato internazionale, ma soprattutto sulle figure fondamentali che ne garantiscono la continuità: le contadine e i contadini, custodi di semi antichi e pratiche agricole sostenibili; le cuoche e i cuochi, depositari di ricette tramandate di generazione in generazione, spesso arricchite da un’innata creatività e capacità di interpretazione dei prodotti locali.
Questa iscrizione rappresenta una sfida e un’opportunità.
Una sfida, perché è necessario rafforzare gli sforzi per preservare la biodiversità agricola, contrastando l’omologazione dei prodotti e la perdita di varietà autoctone.
Un’opportunità, perché il riconoscimento UNESCO può fungere da potente leva per sensibilizzare il pubblico sull’importanza di scelte alimentari consapevoli, che privilegino i prodotti locali, i piccoli produttori e le pratiche agricole sostenibili.
È imperativo che la narrazione intorno alla cucina italiana si estenda oltre l’immagine stereotipata della pizza e della pasta, abbracciando la complessità del sistema alimentare italiano, con le sue peculiarità regionali, le sue produzioni di nicchia e le sue storie di persone che, con passione e dedizione, contribuiscono a mantenerne viva la tradizione.
La valorizzazione di questo patrimonio non si limita alla tutela del gusto, ma si traduce nella salvaguardia di un modello di sviluppo rurale basato sulla sostenibilità, sulla resilienza e sulla valorizzazione delle comunità locali.
Il futuro della cucina italiana, e con essa il futuro del suo patrimonio immateriale, dipenderà dalla nostra capacità di continuare a raccontare e proteggere queste storie, questi sapori, queste tradizioni.






