L’epoca attuale ci invita a un’indagine critica, che trascenda la mera analisi dei bilanci e delle dinamiche economiche, anche nel regno della solidarietà.
È un invito che l’arcivescovo di Torino, cardinale Roberto Repole, ha rivolto durante la sua conferenza “Il dono, dimensione essenziale per l’esistenza della società”, presso la Fondazione Crt, un’occasione partecipata dalla presidente Anna Maria Poggi e Giampiero Leo, voce del Coordinamento Interconfessionale.
La riflessione del cardinale Repole si concentra sulla responsabilità delle istituzioni filantropiche, come la Fondazione Crt, che, pur erogando risorse, rischiano di perpetuare un “economicismo esasperato”.
La critica non è rivolta alla generosità di tali iniziative, bensì al potenziale impatto corrosivo di un approccio che non interroga le radici economiche stesse da cui tali fondi provengono.
Questo atteggiamento, se inavvertito, può silenziosamente erodere il tessuto delle relazioni umane, quelle libere e disinteressate che costituiscono l’essenza di una comunità autentica.
Repole suggerisce una via alternativa: una visione in cui le risorse siano veicolo non solo di assistenza materiale, ma anche di valori più profondi, legami che trascendono la mera circolazione di denaro.
Questi legami, pur riconoscendo l’importanza dell’economia, la inglobano in una prospettiva più ampia, più ricca di significato.
Si tratta di ripensare la filantropia come atto generativo, come seme di relazioni autentiche.
Il processo decisionale di destinazione dei fondi, spesso relegato a procedure burocratiche, è, in realtà, un atto umano, gravido di implicazioni morali e sociali.
Ogni scelta implica una presa di posizione, un’espressione di valori.
La donazione non è un mero trasferimento di risorse, ma un’azione che riflette una visione del mondo.
Il cardinale precisa, inoltre, che molte iniziative di solidarietà, pur essendo lodevoli, si configurano primariamente come atti di giustizia, reazioni a disuguaglianze e sistemi di esclusione.
Sebbene fondamentali, questi atti differiscono dalla gratuità intrinseca del dono, da quella relazione disinteressata che fonda la coesione sociale.
Si presenta, quindi, una scelta cruciale: continuare a erogare risorse alimentando l’illusione di una società governata unicamente dalla logica del profitto, oppure indirizzare i fondi per contrastare questa visione, promuovendo una cura autentica della società, coltivando relazioni basate sulla reciprocità, sull’empatia e sulla condivisione disinteressata.
È una sfida che richiede consapevolezza, coraggio e una profonda rilettura del ruolo delle istituzioni filantropiche nel contesto sociale contemporaneo.
La vera filantropia non è solo dare, ma costruire ponti tra le persone, seminare speranza e promuovere una cultura della solidarietà che vada oltre la semplice redistribuzione di ricchezza.







