La sopravvivenza dei formaggi a latte crudo, custodi di biodiversità e patrimonio culturale immateriale, si configura come una sfida complessa che richiede un’azione concertata e ampia, ben oltre la mera tutela di una tradizione gastronomica.
Non si tratta di preservare un prodotto, ma di sostenere un intero ecosistema socio-economico e ambientale, profondamente radicato nei territori marginali e montani italiani.
L’impegno di Slow Food Italia, come evidenziato durante l’evento “Cheese”, non si limita a un’iniziativa di sensibilizzazione, ma si proietta verso una vera e propria rivoluzione culturale, un cambio di paradigma che coinvolga attivamente tutti gli attori coinvolti.
Questo include, con priorità, le istituzioni, a livello governativo e regionale, chiamate a definire politiche di sviluppo territoriale che incentivino la permanenza e l’innovazione nelle aree interne, contrastando lo spopolamento e garantendo l’accesso a servizi essenziali come la connettività digitale, elemento imprescindibile per la competitività delle aziende agricole.
Le comunità montane, custodi del sapere tradizionale e della memoria storica, devono essere protagoniste attive nel processo decisionale, affiancando i giovani imprenditori che, con coraggio, scelgono di preservare razze autoctone, di curare prati stabili e pascoli, garantendo la qualità del latte e la salubrità degli ambienti.
Questi giovani rappresentano il futuro di un sistema produttivo fragile, spesso penalizzato da costi elevati e da una burocrazia farraginosa.
Il ruolo dei consumatori è altrettanto cruciale: la scelta consapevole di acquistare formaggi a latte crudo non è solo un atto di gusto, ma un investimento diretto nella sostenibilità di un modello agricolo diffuso, rispettoso dell’ambiente e del benessere animale.
È necessario promuovere una maggiore informazione e trasparenza, contrastando la disinformazione e l’allarmismo mediatico che spesso distorcono la percezione dei rischi e dei benefici di questi prodotti.
“Cheese”, la quindicesima edizione, si configura come un’occasione per riflettere sulla necessità di una regolamentazione più equilibrata, basata su dati scientifici e su un’analisi approfondita delle specificità territoriali, evitando misure generalizzate che potrebbero compromettere la vitalità di questo settore.
Il supporto della Regione Piemonte, dei Ministeri dell’Agricoltura e del Turismo, testimonia l’importanza attribuita a questo patrimonio, ma è necessario tradurre questo riconoscimento in azioni concrete, che sostengano la ricerca, l’innovazione e la formazione, garantendo la continuità di una tradizione millenaria e il futuro di un paesaggio unico al mondo.
La sfida è ardua, ma la posta in gioco è troppo alta per rinunciare a un modello agricolo che incarna i valori di autenticità, biodiversità e resilienza.