Il Piemonte affronta un quadro economico allarmante, segnato da un’impennata drammatica delle richieste di ammortizzatori sociali che evidenzia una profonda crisi strutturale del suo tessuto produttivo.
I primi nove mesi del 2024 si traducono in un 2025 con un incremento del 37,8% delle ore richieste di cassa integrazione, cifra che salta al 38,9% includendo altri strumenti di sostegno al reddito.
Un dato che, a livello nazionale, si assesta al 18,6%, sottolineando un disagio regionale di intensità eccezionale, come rilevato dal Servizio lavoro, coesione e territorio della Uil nazionale.
Torino, con quasi 30 milioni di ore richieste, si conferma tragicamente il fulcro di questa emergenza a livello nazionale, seguita da Potenza e Roma, a testimonianza di una crisi che investe diverse aree geografiche, ma che trova nel Piemonte una concentrazione particolarmente grave.
L’onda di difficoltà si estende a tutte le province, con punte di incremento a tre cifre che amplificano l’allarme.
Verbania (+140,2%), Asti (+122,6%) e Cuneo (+121,3%) sono i territori più colpiti, ma anche Vercelli (+42,1%), Torino (+40,5%) e Alessandria (+3,3%) registrano aumenti significativi.
Si intravedono, tuttavia, due piccole sacche di resilienza a Novara (-2,6%) e Biella (-14,1%), probabilmente frutto di dinamiche locali specifiche che meriterebbero un’analisi approfondita.
Le richieste esorbitanti di ore di cassa integrazione non rappresentano un mero episodio contingente, ma riflettono le profonde tensioni che attraversano l’economia piemontese.
La regione, tradizionalmente trainata dall’export, si trova a fronteggiare una tempesta di fattori negativi.
La stagnazione del commercio internazionale, le politiche protezionistiche che impongono dazi, l’incertezza generata da un contesto geopolitico instabile e, soprattutto, la crisi dell’economia tedesca – principale mercato di sbocco per le merci piemontesi – si sommano a una diminuzione generalizzata dei consumi interni.
Quest’ultima è aggravata dalla drastica erosione del potere d’acquisto di redditi da lavoro e pensioni, rendendo i prodotti locali sempre meno accessibili per la popolazione residente.
Il settore automotive, pilastro dell’economia piemontese, ne è particolarmente esposto, con ricadute pesantissime sull’intera filiera di componentistica.
Le transizioni industriali in atto, sebbene inevitabili per la competitività futura, stanno generando nel breve-medio termine un forte shock occupazionale.
È urgente, pertanto, che le politiche pubbliche e le strategie aziendali siano orientate a mitigare gli effetti negativi su lavoratori e famiglie, promuovendo la riqualificazione professionale e sostenendo l’innovazione in settori a più alto potenziale di crescita.
Il segretario generale Uil Piemonte, Gianni Cortese, sottolinea l’importanza di affrontare questa sfida con un approccio olistico, che coinvolga tutti gli attori sociali ed economici, al fine di costruire un futuro più solido e resiliente per il Piemonte.







