Il Piemonte, nel terzo trimestre del 2025, dimostra una resilienza economica inattesa, segnando una crescita del Prodotto Interno Lordo dello 0,55% rispetto all’analogo periodo del 2024.
Questo dato, elaborato da PilNow – il sofisticato superindice sviluppato dal Comitato Torino Finanza, che impiega algoritmi di intelligenza artificiale per anticipare i dati ufficiali con un orizzonte temporale di dodici mesi – si posiziona al di sopra della media nazionale (+0,4%) e di quella tedesca (+0,3%), sebbene inferiore alla media dell’Unione Europea (+1,5%).
La performance del 2025 si inscrive in un quadro di crescita moderata, proiettando la regione verso il terzo anno consecutivo di espansione stabile, stimata preliminariamente allo 0,475%.
Questa tenuta, a fronte della chiusura del 2024 a +0,5%, si rivela cruciale per mantenere il Piemonte in territorio positivo, sostenuto principalmente dal flusso di investimenti derivanti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e da una ripresa vigorosa del settore turistico.
Tuttavia, queste spinte positive si scontrano con la debolezza di alcuni comparti chiave, in particolare quello delle esportazioni e l’industria automobilistica, che presentano segnali di preoccupazione.
L’andamento dell’occupazione regionale riflette una crescita tendenziale dello 0,9%, in linea con la media nazionale.
Questo dato, sebbene incoraggiante, nasconde dinamiche settoriali disomogenee: il commercio e il turismo registrano un incremento vertiginoso del 12%, mentre le costruzioni, trainate dagli investimenti del PNRR, crescono del 5%.
Al contrario, il settore manifatturiero, fulcro tradizionale dell’economia piemontese, subisce una contrazione significativa del 2,4%, e i servizi complementari mostrano una sostanziale stagnazione.
La cassa integrazione, pur in diminuzione, continua a gravare sull’economia regionale, riducendo il PIL annualizzato di circa 0,2 punti percentuali, un indicatore di fragilità strutturale che merita un’analisi approfondita.
La discrepanza tra la crescita dell’occupazione e quella del PIL determina, come in altre aree del Paese, un calo della produttività media del lavoro.
Questo fenomeno, lungi dall’essere un mero effetto congiunturale, segnala una sfida strutturale che richiederà un ripensamento delle politiche economiche future.
Sarà fondamentale incentivare l’innovazione, la formazione continua e l’adozione di tecnologie avanzate per aumentare l’efficienza del sistema produttivo e recuperare competitività.
Un elemento di particolare allarme è rappresentato dal crollo delle esportazioni piemontesi, che si attesta al -5%, portando il valore complessivo da 62 a 59 miliardi di euro.
Questa flessione, particolarmente accentuata nel settore automotive, nei beni strumentali e nelle vendite verso la Germania, un mercato storico di primaria importanza per l’industria regionale, evidenzia una vulnerabilità specifica del tessuto economico piemontese, particolarmente esposto alla crisi che affligge il settore automobilistico europeo.
A fronte di un modesto aumento dell’export a livello nazionale (+1%), la performance piemontese suggerisce la necessità di diversificare i mercati di riferimento e rafforzare la resilienza del sistema produttivo.
L’analisi delle cause profonde di questo declino, che potrebbero includere fattori geopolitici, cambiamenti nella domanda globale e l’impatto della transizione ecologica, si rivela cruciale per definire strategie di intervento mirate e tempestive.








