Il 31 dicembre, alle 7:30 precise, si chiuderà per sempre il Dormitorio Comunale di via Nino Costa, un atto che scarica in strada persone vulnerabili, segnando la fine di un luogo che rappresentava un’ancora di salvezza, seppur precaria, per chi non possiede un altro riparo.
La decisione, resa ufficiale di recente, si abbatte sulle persone senza fissa dimora in un momento particolarmente delicato, privandole di un rifugio durante le festività natalizie, senza che sia stato elaborato un piano di emergenza volto a garantire loro un’accoglienza dignitosa.
L’ironia della situazione non sfugge ai cittadini, come testimoniato dai commenti sui social media, che denunciano il contrasto tra l’impegno retorico di alcuni esponenti politici, che si scagliavano contro decisioni amministrative considerate inique, e la silenziosa accettazione della chiusura del dormitorio.
Si solleva il dubbio sulle reali priorità dell’amministrazione, lasciando intendere come la sensibilità verso le fasce più deboli della popolazione possa essere strumentale o dipendente dall’orientamento politico del governo in carica.
La mancanza di un commento ufficiale da parte dell’assessore al welfare, Cristina Varetto, appare significativa, suggerendo una acquiescenza alle decisioni del sindaco, nonostante le sue dichiarazioni di impegno verso i più emarginati.
La chiusura del dormitorio non solo rappresenta la perdita di un luogo fisico, ma anche la disintegrazione di una rete di supporto fragile.
Si teme un ritorno all’occupazione dei servizi di emergenza del Pronto Soccorso di Chivasso, un problema che il dormitorio aveva contribuito a mitigare.
La situazione emerge con chiarezza: quando le istituzioni falliscono nel loro ruolo di tutela sociale, il peso ricade inevitabilmente sul volontariato.
In questo scenario, l’associazione Punto a Capo, guidata da Lina Borghesio, si erge a baluardo di solidarietà, assicurando la distribuzione di pasti caldi grazie all’impegno dei suoi volontari.
L’espressione “Tanto c’è Lina” è diventata, a Chivasso, una triste constatazione: quando il sistema di welfare collassa, è l’iniziativa privata e il volontariato a supplire alle mancanze dello Stato.
Questo evento solleva interrogativi profondi sul ruolo delle istituzioni, sulla responsabilità sociale e sulla necessità di politiche inclusive che vadano oltre la retorica e che garantiscano una reale protezione per coloro che si trovano ai margini della società.
La chiusura del dormitorio, pertanto, non è solo una questione di alloggi, ma un sintomo di una crisi più ampia, che richiede un ripensamento radicale dell’approccio alle problematiche sociali e un rinnovato impegno per la giustizia e la solidarietà.







