Riorganizzazione del modello di sviluppo montano: nuove sfide per i Comuni canavesani e la Valle SacraUna ventata di incertezza e apprensione serpeggia tra le amministrazioni locali del Canavese, innescata dalla recente legislazione volta a ridefinire i criteri per l’identificazione dei Comuni montani.
La nuova normativa, promossa dal Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie, Roberto Calderoli, introduce modifiche significative che rischiano di compromettere lo status e le risorse economiche di numerosi centri, sollevando interrogativi sul futuro dello sviluppo sostenibile in queste aree.
La precedente definizione, che riconosceva la qualifica di “Comune montano” a tutti i centri con almeno l’80% del territorio situato sopra i 400 metri di altitudine, viene ora innalzata a 600 metri.
Questa revisione, apparentemente tecnica, scatena una reazione a catena di potenziali conseguenze negative, soprattutto per i comuni situati nelle zone di valle, i quali rischiano di perdere i benefici economici associati alla qualifica di area montana.
Il Canavese, con la sua variegata geografia e la ricca storia di insediamenti in quota, è particolarmente esposto a queste ripercussioni.
La Valle Sacra, gioiello paesaggistico e culturale, si trova a fronteggiare una situazione critica.
Comuni come Borgiallo e Colleretto Castelnuovo, la cui economia è strettamente legata alle attività tradizionali e al turismo legato all’ambiente montano, si vedono minacciati di perdere i finanziamenti destinati a sostenere queste attività.
Anche centri più grandi come Cuorgnè e Valperga, e i paesi della Val Gallenca, si trovano a dover valutare l’impatto della nuova legge.
Il caso di Castellamonte, pur con una sua complessità dovuta all’estensione del territorio comunale e alla presenza di frazioni in alta quota, esemplifica la fragilità di un sistema di classificazione basato su parametri altimetrici riduttivi.
Una visione più ampia, che tenga conto della morfologia del territorio, della presenza di risorse naturali e della vulnerabilità socio-economica delle comunità locali, apparirebbe necessaria per una corretta definizione del concetto di “montanità”.
La risposta da parte degli enti locali non si fa attendere.
L’Unione Montana Comuni (Uncem) ha già manifestato apertamente la sua contrarietà alla nuova normativa, mentre i sindaci del Canavese si preparano a una battaglia per la difesa dei propri interessi.
Il sindaco di Castellamonte, Pasquale Mazza, denuncia una legislazione “fatta senza lucidità” e promette di valutare ogni possibile azione, anche attraverso l’adesione a iniziative di protesta.
Francesca Cargnello, sindaca di Borgiallo, pur esprimendo preoccupazione, invita alla prudenza e all’attesa di una più chiara interpretazione della legge, sottolineando però la potenziale gravità delle conseguenze per l’intero territorio.
La vicenda solleva interrogativi più ampi sulla necessità di ripensare il modello di sviluppo montano, superando approcci semplicistici e promuovendo politiche integrate che tengano conto della complessità dei sistemi socio-ambientali alpini.
Non si tratta solo di preservare un’etichetta, ma di garantire la vitalità delle comunità montane, la tutela del loro patrimonio naturale e culturale, e la promozione di un futuro sostenibile per queste aree fragili e preziose.
La discussione è aperta e il Canavese, con la Valle Sacra in prima linea, si prepara ad affrontare questa nuova sfida con determinazione e spirito di collaborazione.









