Riforma della legge montana: un nuovo paradigma per lo sviluppo alpino e appenninico, con focus su Canavese e Valli di LanzoLa recente riforma della legge nazionale sulla montagna, accompagnata da decreti attuativi, ridisegna radicalmente il quadro normativo e finanziario per i territori montani italiani, aprendo a un’era di opportunità mirate e una revisione critica delle precedenti modalità di intervento.
Il deputato Alessandro Giglio Vigna, promotore di questa trasformazione, sottolinea come i timori iniziali si siano rivelati infondati, grazie a un’approccio più ponderato e orientato alla tutela delle identità montane autentiche e all’ottimizzazione della distribuzione delle risorse.
La pietra angolare di questa riforma è una definizione più precisa e rigorosa di “montagna”, volta a correggere distorsioni che, in passato, avevano visto l’inclusione di centri urbani di grandi dimensioni, creando incongruenze nella destinazione dei fondi.
L’obiettivo primario è ora indirizzare le risorse verso aree caratterizzate da specifiche fragilità morfologiche, altimetrie significative, pendenze accentuate e una complessità strutturale intrinseca.
Questo criterio selettivo, lungi dall’essere penalizzante, si è tradotto in un rafforzamento del riconoscimento e un incremento delle risorse a disposizione del Piemonte, e in particolare del Canavese e delle Valli di Lanzo.
Queste aree, ricche di un patrimonio ambientale e culturale inestimabile, vedono riconosciuto il loro status montano attraverso la classificazione integrale di Unioni come Mombarone, Alpi Graie, Valli Orco e Soana, Gran Paradiso, Val Chiusella e Dora Baltea.
Ampie porzioni di territorio rientrano poi nell’ambito della riforma, con percentuali significative per l’Unione Valli di Lanzo, Ceronda e Casternone (90%), la Val Gallenca (60%) e l’Unione Alto Canavese (50%).
Comunali di rilevanza come Pont Canavese, Cuorgnè e Lanzo consolidano il loro ruolo centrale nello sviluppo alpino.
Un elemento cruciale della riforma è la riorganizzazione del Fondo Nazionale per la Montagna.
La sua divisione in due quote distinte – una gestita direttamente dallo Stato e destinata ai Comuni ufficialmente riconosciuti montani, e una affidata alle Regioni per una gestione più flessibile e mirata – introduce un nuovo paradigma di governance.
Il Piemonte, grazie al numero elevato di Comuni montani riconosciuti, si attesta come una delle Regioni più finanziate, garantendo un sostegno continuo anche a quei comuni non inclusi nell’elenco nazionale, attraverso la quota regionale.
Questo modello permette di combinare l’efficacia di interventi statali mirati con la capacità delle Regioni di adattare le risorse alle specifiche esigenze locali.
Il deputato Giglio Vigna sottolinea che la riforma non ignora le aree interne con difficoltà socio-economiche, ma le indirizza verso strumenti specifici come la Strategia Nazionale per le Aree Interne (SNAI), promuovendone un utilizzo più strategico ed efficiente.
La Lega e i suoi rappresentanti si rendono disponibili per supportare gli amministratori locali nell’individuazione delle migliori opportunità di finanziamento, in un’ottica di collaborazione e sviluppo condiviso.
La riforma della legge montana, lungi dall’essere una restrizione, rappresenta un’opportunità di rafforzamento del sistema, razionalizzando l’utilizzo delle risorse e promuovendo la valorizzazione del patrimonio montano italiano, con un focus particolare su aree come il Canavese e le Valli di Lanzo, custodi di un’identità unica e inestimabile.








