Johnny al Tor des Géants: un gigante d’Italia tra dolore e resilienza.

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La conquista del Tor des Géants: un viaggio oltre il dolore, un inno alla resilienza.

Paolo Bramante, conosciuto a tutti come Johnny, ha incrociato il traguardo di questa leggendaria ultramaratona, compiendo un sogno che si materializza in un’epopea di forza d’animo e dedizione.

Un’impresa compiuta non solo con il corpo, ma soprattutto con lo spirito, mentre affronta una caviglia lesionata e una sofferenza più profonda, quella per il fratello impegnato in una battaglia contro la malattia.
Il Tor des Géants, più che una gara, è un rito di passaggio, un’immersione totale nella natura selvaggia e ostile delle Alpi occidentali.

Chi lo completa, unendo forza fisica e mentale, viene riconosciuto come un “gigante”.

Johnny lo sapeva, l’aveva preparato per un anno intero, immaginandolo come il culmine di un percorso personale, un regalo di compleanno per sé stesso e per coloro che lo hanno sostenuto.

L’avventura si è presentata avvolta da un’ombra inattesa: un infortunio alla caviglia, solo trentasei ore prima della partenza.

Una notte insonne, il dolore acuto e l’incertezza sul da farsi avrebbero scoraggiato molti.

Ma non Johnny.
La sua determinazione, alimentata da un obiettivo più grande, lo ha spinto a partire.

I primi nove chilometri, con i loro 1400 metri di dislivello, scorrono apparentemente tranquilli.
Ma è la discesa a ricordargli la fragilità della caviglia, un’eco che si ripercuote sul ginocchio.
La fatica si fa sentire, il corpo invia segnali di cedimento.

La fisioterapista Rachele lo soccorre con un massaggio, e Johnny riparte, spinto dalla consapevolezza che ogni passo è una sfida.

Il percorso si rivela un susseguirsi di salite estenuanti e discese insidiose, un continuo scompiglio per la caviglia, che impone un ritmo alterato.

La stanchezza si fa sentire, le allucinazioni si insinuano nella mente.

Ma un breve riposo, un paio d’ore di sonno ristoratore, gli restituiscono la lucidità necessaria per proseguire.
A Cogne, la caviglia è gonfia, i piedi martoriati da vesciche dolorose.

Il viaggio è costellato di ostacoli, ma Johnny non si arrende.

Ogni tappa è affrontata con coraggio, superando momenti di sconforto grazie a un’incrollabile forza d’animo.
A Gressoney, il dolore si attenua, le vesciche si rimarginano.

A Valtournenche, un’accoglienza calorosa, un coro di auguri, un abbraccio da parte di famiglia e amici, gli infonde nuova energia.
Tagliare il traguardo non è solo una vittoria personale, ma un omaggio a chi lo ha sostenuto.
“Io ho dato tutto, ma il merito è di mia moglie Cinzia e del mio migliore amico Manuel, che mi hanno accompagnato per 1100 chilometri in auto”, confessa Johnny.
Un ringraziamento va a tutti coloro che, con telefonate e messaggi di incoraggiamento, gli hanno offerto la motivazione per non mollare.
Ma la dedica più sentita è per suo fratello, eroe silenzioso impegnato in una battaglia più ardua.

“Il gigante è lui, non io,” conclude Johnny, consapevole che la vera forza si misura nella capacità di affrontare le avversità con dignità e speranza.

Il Tor des Géants diventa così un simbolo di resilienza, un inno alla vita e un tributo a chi combatte ogni giorno per superare i propri limiti.