Il tribunale di Ivrea valuta una relazione conflittuale, non una situazione vessatoria sistematica: caduta l’accusa di maltrattamenti aggravati.
Il tribunale di Ivrea ha assolto un uomo di 27 anni, residente a Torino, dall’accusa di maltrattamenti aggravati nei confronti della convivente, davanti ai due figli minorenni. Secondo la decisione dei giudici, presieduta da Stefania Cugge, non si è configurata “una situazione di maltrattamenti” ma piuttosto una serie di conflitti di coppia in cui non risulta uno squilibrio di forze o una ripetizione sistematica delle condotte verso la vittima.
La condotta contestata includeva graffi, schiaffi e lo sbattere della nuca della donna contro il muro. Tuttavia, nelle motivazioni si legge chiaramente che gli episodi «non risultano integrare la pluralità di condotte periodiche e vessatorie» richieste dalla norma penale (art. 572 c.p.). Gli accertamenti hanno inoltre evidenziato che la donna stessa, in alcune occasioni, ha provocato o reagito agli episodi di litigio, e che il conflitto non è stato unidirezionale.
L’imputato, assistito dall’avvocato Edoardo Carmagnola, ha sostenuto che gli episodi fossero ruoli nella conflittualità quotidiana della convivenza, e non atti destinati a instaurare un regime di oppressione. Il tribunale ha ritenuto fondata questa tesi e ha dichiarato «il non doversi procedere».
La Procura aveva chiesto una condanna a due anni, ma il dispositivo ha escluso la configurabilità del reato di maltrattamenti aggravati, cogliendo la differenza tra «lite in famiglia» e «vessazione sistematica».
Il caso solleva riflessioni sulla delimitazione giuridica tra conflitto di coppia e violenza domestica, ambito in cui la giurisprudenza della Corte di Cassazione (sentenza n. 21289/2025) richiede la dimostrazione di comportamenti reiterati e un residuo di potere squilibrato.







