La vicenda di Marcellino Franco Iachi Bonvin, commerciante settantacinqueenne di Pavone Canavese, si è conclusa con una riduzione della pena dalla Corte d’Appello di Torino, portandola a un anno e otto mesi di reclusione.
Il caso, originariamente inquadrato come omicidio volontario aggravato con dolo eventuale e punito con cinque anni di reclusione in primo grado presso il tribunale di Ivrea, ha subito una profonda riqualificazione giuridica.
La decisione della Corte d’Appello, che ha riformato la sentenza di primo grado, ha portato a una riqualificazione del reato in omicidio colposo, sollevando complesse questioni interpretative circa la ricostruzione delle intenzioni e del comportamento del convenuto al momento del tragico evento del 7 giugno 2019.
La dinamica risale a un furto in corso presso un bar, situato in un immobile di proprietà di Iachi Bonvin ma gestito da terzi.
Durante il tentativo di furto di un apparecchio cambiamonete, l’uomo, dal terrazzo della propria abitazione, esplose colpi d’arma da fuoco, causando la morte di una delle persone coinvolte e ferendo l’altra.
La sentenza di primo grado, pur riconoscendo circostanze attenuanti e benefici derivanti dall’applicazione del rito abbreviato, aveva inizialmente accertato la presenza del dolo eventuale, ovvero la previsione del rischio di causare la morte e la decisione di agire comunque.
La Corte d’Appello, in sede di appello, ha invece ritenuto non sufficientemente provata la presenza di tale dolo, orientandosi verso una ricostruzione dei fatti che conduce all’ipotesi di una morte conseguente a negligenza, imprudenza o imperizia.
L’episodio ha generato una profonda ondata di commozione e preoccupazione nella comunità locale.
“Questi sono stati sei anni di sofferenza”, ha espresso Iachi Bonvin, lasciando il Palazzo di giustizia, sottolineando il peso emotivo e psicologico di un processo lungo e travagliato.
L’accusa aveva sostenuto che lo sparo fosse partito dal terrazzo della sua abitazione, un dettaglio cruciale per la ricostruzione della dinamica e per l’accertamento della responsabilità penale.
La vicenda solleva, inoltre, interrogativi sulla legittima difesa, sul limite tra l’esercizio di un diritto a proteggere il proprio patrimonio e l’inosservanza delle norme che tutelano la vita umana.
La sentenza d’appello, pur riducendo la pena, testimonia la complessità di interpretare i fatti e di valutare le intenzioni di un individuo in una situazione di stress e pericolo, con implicazioni profonde per il diritto penale e per la percezione della giustizia nella società.
L’esito finale del processo inciderà inevitabilmente sulla percezione della sicurezza e sulla fiducia nel sistema giudiziario da parte della collettività.








