Ernesto Marenco, figura iconica nel panorama giornalistico italiano, si è spento all’età di novant’anni, lasciando un vuoto incolmabile nel mondo dei colleghi e degli allievi che lo hanno ammirato e stimato. La sua carriera, lunga e intensa, si snoda attraverso decenni cruciali della storia italiana, segnando un’epoca di profondi cambiamenti sociali e politici.Figlio d’arte, Ernesto Marenco ereditò la passione per il giornalismo dal padre, Roberto, e la trasformò in una missione intellettuale e civile. Iniziò il suo percorso professionale negli anni Sessanta, collaborando con la Rai per la cronaca locale, un trampolino di lancio che lo proiettò verso l’esperienza cruciale alla “Gazzetta del Popolo” nel 1965. Qui, la sua ascesa fu rapida, culminando nella carica di capocronista, un ruolo che gli permise di diventare testimone privilegiato e voce narrante di un’Italia in fermento.Il periodo trascorso alla “Gazzetta del Popolo” coincise con anni di profonda trasformazione sociale, segnati da intense lotte sindacali nelle fabbriche, da un’ondata di terrorismo che sconvolse il paese e da un’inquietudine diffusa che permeava la società civile. Marenco, insieme ai suoi colleghi, si trovò a documentare e interpretare questi eventi, cercando di restituire al pubblico una cronaca obiettiva e accurata, spesso a costo di esporsi personalmente in contesti pericolosi. La sua permanenza nel giornale proseguì durante il periodo dell’autogestione, un esperimento sociale e politico che mise a dura prova la testata giornalistica, fino al suo inevitabile fallimento agli inizi degli anni Ottanta.Successivamente, la sua esperienza continuò a “Stampa Sera”, sempre con il ruolo di capocronista, per poi raggiungere la prestigiosa posizione di vicedirettore. Collaborò anche con il “Corriere della Sera”, ampliando la sua influenza e la sua visibilità nel panorama giornalistico nazionale.Ernesto Marenco non fu solo un cronista di successo, ma anche un maestro per molti giovani giornalisti che, affascinati dalla sua professionalità e dalla sua umanità, hanno avuto l’opportunità di imparare da lui. La sua capacità di creare titoli efficaci e incisivi era leggendaria, e la sua leadership si è concretizzata nella coordinazione di inchieste di grande impatto, come quella sui medici, portata avanti in collaborazione con Claudio Donat Cattin e Vito Napoli, che valse al team il prestigioso Premio Saint Vincent.I numerosi colleghi che hanno avuto il privilegio di lavorare con lui ricordano con affetto un uomo gentile, un professionista rigoroso e autorevole, capace di ottenere risultati senza ricorrere a compromessi o atteggiamenti sopra le righe. La sua instancabile dedizione al lavoro, la sua precisione e la sua disponibilità a condividere le proprie conoscenze con i più giovani lo hanno reso una figura eccezionale, un punto di riferimento per generazioni di giornalisti, la cui eredità continuerà a ispirare e a guidare chi, come lui, ha scelto di fare del giornalismo una missione al servizio della verità e della giustizia. La sua scomparsa rappresenta una perdita significativa per il giornalismo italiano, ma il suo esempio rimane vivo nei cuori e nelle menti di coloro che lo hanno conosciuto e apprezzato.
Addio Ernesto Marenco: cronista di un’epoca indimenticabile.
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