L’apertura manifestata da Forza Italia sul tema dello *ius scholae* rappresenta un’opportunità significativa per una riflessione profonda e trasversale sul futuro demografico e sociale dell’Italia.
Un confronto parlamentare che trascenda le rigide divisioni ideologiche tradizionali, come auspicato dal sindaco di Torino e vicepresidente dell’ANCI, Stefano Lo Russo, potrebbe infatti generare soluzioni concrete e lungimiranti.
La questione non è meramente giuridica, ma profondamente intrecciata con la sfida cruciale che il nostro Paese si trova ad affrontare: il declino demografico.
L’attuale normativa sull’acquisizione della cittadinanza, farraginosa e inadeguata, risulta non solo iniqua nei confronti dei bambini nati e cresciuti in Italia, immersi nel nostro sistema educativo e profondamente integrati nella nostra cultura, ma si rivela anche un ostacolo significativo alle politiche di inclusione sociale ed economica.
L’adozione dello *ius scholae*, un percorso che riconosca la cittadinanza italiana a minori nati in Italia o all’estero, che abbiano compiuto un ciclo scolastico completo nel nostro Paese, si configura come un passo necessario in questa direzione.
Non si tratta di una semplice concessione, ma di un investimento nel futuro.
I ragazzi e le ragazze che hanno frequentato le nostre scuole, che hanno studiato la nostra storia, che parlano la nostra lingua, rappresentano una risorsa preziosa per il Paese.
Negare loro la cittadinanza significa privare l’Italia di potenziali cittadini attivi, contribuenti, professionisti e leader del domani.
È significativo notare come, paradossalmente, le politiche governative in materia di immigrazione mostrino una certa contraddizione.
Da un lato, una retorica incentrata sul controllo dei flussi migratori; dall’altro, un aumento significativo dei flussi stessi, come dimostra l’approvazione del decreto flussi recentemente varato.
Questa discrepanza rivela una consapevolezza, seppur latente, della necessità di affrontare il problema della carenza di manodopera e della necessità di attrarre talenti.
L’introduzione dello *ius scholae* non deve essere percepita come una misura di favore, ma come una risposta pragmatica alle esigenze del Paese.
Un approccio basato sui dati, che tenga conto delle dinamiche demografiche e delle proiezioni future, può consentire all’Italia di affrontare le sfide del XXI secolo con maggiore resilienza e competitività.
È tempo di superare pregiudizi e schemi mentali obsoleti e di abbracciare una visione inclusiva e lungimirante, che metta al centro il benessere delle future generazioni e la prosperità del nostro Paese.
Si tratta di un investimento non solo nel capitale umano, ma anche nella stabilità sociale ed economica dell’Italia.