Piemonte contro Ministero: Scontro sulla legge 194 e l’interruzione di gravidanza.

La recente pubblicazione da parte del Ministero della Salute delle “Linee di indirizzo sulla interruzione volontaria di gravidanza con mifepristone e prostaglandine” ha innescato un dibattito regionale in Piemonte, evidenziando una divergenza interpretativa e applicativa della legge 194/78.

La Regione, attraverso una comunicazione formale diretta al Ministero, ha espresso la propria posizione, dichiarando l’“inapplicabilità” delle nuove linee guida relative alla somministrazione farmacologica del mifepristone (Ru486) all’interno dei consultori piemontesi.

Questa decisione, formalizzata in una risposta del Presidente Alberto Cirio in risposta all’interrogazione della consigliera Nadia Conticelli, si fonda su due pilastri fondamentali: un’analisi giuridica del ruolo attribuito ai consultori dalla legge 194 e una valutazione tecnico-sanitaria incentrata sulla tutela della salute della donna.
La Regione piemontese contesta, implicitamente, l’adeguatezza dei consultori, come strutture, a garantire la sicurezza delle procedure ambulatoriali previste dalle nuove linee guida.
L’episodio, emerso recentemente tramite un reportage de La Stampa, risale al 2020, quando un comunicato stampa aveva di fatto sospeso la somministrazione di Ru486 nei consultori regionali, in assenza di una specifica circolare ministeriale.
Il Presidente Cirio sottolinea che la mancata adozione di nuove direttive non richiede interventi aggiuntivi, ribadendo la validità delle prassi già consolidate nelle aziende sanitarie locali e ospedaliere, una linea condivisa da quindici altre regioni italiane.
La consigliera Conticelli critica la decisione regionale, denunciando un possibile utilizzo ideologico delle competenze sanitarie regionali a discapito dei diritti delle donne.
Esprime preoccupazione per un presunto allarmismo legato all’accettazione delle linee guida del Consiglio Superiore di Sanità, che, a suo avviso, consentono legittimamente la somministrazione di Ru486 fino alla nona settimana, anche in regime ambulatoriale e nei consultori, come già avviene in regioni come Lazio, Emilia-Romagna, Sardegna e Toscana.
La divergenza di vedute culmina in una netta contrapposizione: il Presidente Cirio considera le pratiche adottate in quelle regioni potenzialmente rischiose per la salute femminile, mentre la consigliera Conticelli le interpreta come un esempio di gestione responsabile e conforme alle indicazioni ministeriali.

Il caso solleva interrogativi più ampi sulla corretta applicazione della legge 194, sulla autonomia regionale in materia sanitaria e, soprattutto, sulla priorità da assegnare alla tutela della salute e dei diritti della donna in un contesto di crescenti complessità cliniche ed etiche.

La questione è destinata a rimanere al centro del dibattito pubblico, richiamando l’attenzione sulle responsabilità delle istituzioni e sulla necessità di un dialogo costruttivo tra le diverse sensibilità.

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